LEGGE PINTO procedimento e modello

La cosiddetta legge Pinto (L. 89 del 24 marzo 2001), è una legge che riconosce a coloro che hanno dovuto affrontare un processo di durata irragionevole la possibilità di richiedere un’equa riparazione per il danno patrimoniale o non patrimoniale subito. Strumento processuale volto a combattere il fenomeno, assai diffuso in Italia, della lunghezza eccessiva dei processi. Per il primo grado di giudizio si reputano ragionevoli tre anni, per il secondo grado due anni e per il grado di legittimità un anno.

Altri termini valgono per i procedimenti di esecuzione forzata, che si considerano di durata ragionevole se contenuti nel termine di tre anni, e per le procedure concorsuali, che si considerano di durata ragionevole se contenute nel termine di sei anni.

Il termine ragionevole si ritiene in ogni caso rispettato se il giudizio definitivo e irrevocabile giunge nel termine massimo di sei anni.

Per computare la durata occorre fare riferimento a criteri differenti a seconda che il processo sia di natura civile o di natura penale.

Nel primo caso, il termine decorre dal deposito del ricorso introduttivo o dalla notifica dell’atto di citazione.

Nel secondo caso, invece, il termine decorre da quando l’indagato viene a conoscenza del procedimento penale a suo carico mediante un atto dell’autorità giudiziaria.

A tal proposito si segnala che è stata la Corte costituzionale che, con sentenza numero 184 del 23 luglio 2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 2-bis, della legge Pinto nella parte in cui prevedeva che potesse essere considerato termine iniziale per il computo della durata ragionevole del processo penale l’assunzione della qualità di imputato o il momento in cui l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.

A partire dal 31 ottobre 2016, per i processi che, a quella data, non avranno ancora raggiunto una durata irragionevole né saranno stati assunti in decisione, la procedura prevista dalla legge Pinto potrà essere attivata, a pena di inammissibilità della domanda, solo dopo aver esperito i cd. “rimedi preventivi”.

Tali rimedi sono differenti a seconda della tipologia di processo che si contesta.

In particolare, nel processo civile il rimedio preventivo è rappresentato dalla proposizione del giudizio con rito sommario o dalla richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario fatta entro l’udienza di trattazione e, in ogni caso, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i tre anni del primo grado di giudizio.

Ove non sia possibile il rito sommario di cognizione, anche in secondo grado, il rimedio preventivo è rappresentato dalla richiesta di decisione a seguito di trattazione orale ai sensi dell’articolo 281-sexies c.p.c. da farsi sei mesi prima che spiri il termine di ragionevole durata del processo e anche se la competenza è quella collegiale del Tribunale.

Nel processo penale il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di accelerazione da farsi almeno sei mesi prima della scadenza del termine di durata ragionevole.

Nel processo amministrativo il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di prelievo con la quale segnalare l’urgenza del ricorso.

Nei processi contabili e pensionistici davanti alla Corte dei conti e alla Corte di cassazione, infine, il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di accelerazione presentata, rispettivamente, almeno sei mesi o almeno due mesi prima della scadenza del termine di ragionevole durata.

Il ricorso ai sensi della legge Pinto va presentato dalla persona che ha subito il danno assistita da un legale munito di procura speciale con ricorso al presidente della Corte d’appello del distretto in cui ha la sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo contestato.

A pena di decadenza, il termine per provvedervi è di sei mesi dal momento in cui è divenuta definitiva la decisione che ha concluso il procedimento.

La controparte è il Ministro della giustizia se il procedim. presupposto è un procedim. ordinario, il Ministro della difesa se il procedim. presupposto è un procedim. militare, il Ministro dell’economia e delle finanze negli altri casi.

Al ricorso vanno sempre allegati, in copia autentica, l’atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento presupposto, i relativi verbali di causa e provvedimenti del giudice e il provvedimento che ha definito il giudizio, se si tratta di sentenza od ordinanza irrevocabili.

Una volta ricevuta una domanda di equa riparazione, il presidente della Corte d’appello o un magistrato designato a tal fine vi provvede entro trenta giorni con decreto esecutivo motivato.

Si tratta, quindi, di un giudizio monocratico che si svolge senza udienza.

Se il ricorso è accolto, il giudice ingiunge al Ministero convenuto di pagare la somma liquidata senza dilazione e autorizza la provvisoria esecuzione. Con il medesimo decreto vengono anche liquidate le spese ed è ingiunto il loro pagamento.

A questo punto sarà cura della parte, a pena di inefficacia del decreto senza possibilità di riproporre la domanda, di notificare al Ministero della giustizia sia il ricorso che il decreto entro trenta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Se, invece, il ricorso è respinto, il ricorrente non potrà più riproporlo.

Con la legge di stabilità si è previsto che l’indennizzo non possa essere accordato alla parte che nel processo presupposto è stata condannata per lite temeraria o che risulti comunque consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta della sua posizione.

Inoltre sono state introdotte alcune ipotesi di presunzione di insussistenza del danno, che obbligano la parte che intende ottenere l’equo indennizzo a dimostrare il pregiudizio subito. Si pensi, ad esempio, ai casi di irrisorietà della pretesa o del valore della causa.

Peraltro se la domanda è dichiarata inammissibile o manifestamente infondata il nostro ordinamento prevede sanzioni processuali a carico del ricorrente.

In ogni caso, tuttavia, avverso la decisione sul ricorso è possibile proporre opposizione dinanzi alla stessa Corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del relativo provvedimento.

Tale opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento salvo i casi in cui il collegio vi provveda con ordinanza non impugnabile per la presenza di gravi motivi.

Su di essa la Corte di appello si pronuncia con decreto entro quattro mesi dal deposito del ricorso. Il decreto è immediatamente esecutivo e impugnabile per Cassazione.

L’indennizzo liquidato dal giudice a titolo di equa riparazione è di ammontare non inferiore a quattrocento euro e non superiore a ottocento euro per ciascun anno o frazione ultrasemestrale di anno in cui il processo ha ecceduto la durata ragionevole.

Tuttavia, è possibile prevedere in determinati casi un importo maggiore o minore che non superi, però, il valore della causa o quello del diritto accertato dal giudice se inferiore.

La legge di stabiltà 2016 ha previsto che al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate in base alla legge Pinto (la n. 89/2001), il creditore deve rilasciare all’amministrazione debitrice una dichiarazione (ex artt. 46 e 47 d.p.r. n. 445/2000) che attesti:

• la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo;

• l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso titolo;

• l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere;

• la modalità di riscossione prescelta.

Tale dichiarazione, corredata della relativa documentazione richiesta, dovrà essere inviata alla Corte di appello che ha emesso il decreto di condanna e che provvederà al pagamento dello stesso.

La dichiarazione presentata ha validità semestrale e dovrà essere rinnovata a richiesta della pubblica amministrazione.

 Secondo la nuova versione post stabilità della legge Pinto, l’amministrazione provvederà ad effettuare il pagamento delle somme dovute entro 6 mesi dalla data in cui sono stati assolti integralmente gli obblighi di trasmissione.

Nell’ipotesi di mancata, irregolare o incompleta trasmissione della dichiarazione non inizieranno a decorrere i termini per poter ottenere la liquidazione delle somme dovute dall’amministrazione e non potrà essere emesso l’ordine di pagamento.

Secondo la novella apportata dalla legge di stabilità, gli importi liquidati alle vittime della giustizia lumaca sono in ogni caso inferiori rispetto al passato: le somme infatti saranno ricomprese tra un minimo di 400 e un massimo di 800 euro per ciascun anno di ritardo (o per frazione di anno comunque superiore a 6 mesi).

L’indennizzo potrà essere ulteriormente diminuito, fino al 20%, quando le parti del processo sono più di 10 e fino al 40% quando sono più di cinquanta. In caso di rigetto integrale delle richieste della parte ricorrente nella causa cui la domanda di equa riparazione si riferisce, le somme saranno tagliate fino ad un terzo.

Il diritto all’equa riparazione, nella nuova veste delineata dalla legge di stabilità inoltre, è subordinato all’esercizio di determinati rimedi preventivi a carico della parte che deve attivarsi per “evitare” l’irragionevole durata del processo.

Nei procedimenti civili, costituiscono rimedi preventivi: l’introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione, la richiesta di passaggio dal rito ordinario a quello sommario; nonché per le cause che non prevedono il rito sommario, la proposizione di istanza di decisione a seguito di trattazione orale.

Altrettanti rimedi sono previsti nei processi penali, nei processi contabili davanti alla Corte dei conti, nei giudizi innanzi alla Corte di Cassazione e in quelli amministrativi.

Per chi non avrà esperito i rimedi preventivi la domanda di equa riparazione sarà considerata inammissibile.

DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONI
RICORRENTE
(Art. 46 D.P.R. 445 del 28/12/2000)

Il/la sottoscritto/a
(cognome) (nome)
In qualità di RICORRENTE/ DIFENSORE ANTISTATARIO del procedimento definito con Decreto della Corte di appello di ________________________ R.G. n. _____________ anno_________________ Depositato il ___ /___ /_______ consapevole delle sanzioni penali, nel caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti, richiamate dall’art. 76 D.P.R. 445 del 28/12/2000
DICHIARA
1) I seguenti dati fiscali
Dati anagrafici
Codice fiscale
Cognome Nome Sesso Data Nascita Comune o Stato estero Prov. Comune
Residenza
Prov. Indirizzo C.A.P.
2) Azioni intraprese in relazione al titolo (barrare e compilare accuratamente il caso che ricorre)
 che il decreto sopraindicato è stato impugnato in data ______________mediante atto di
 che il decreto sopraindicato non è stato impugnato
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3) – di non aver alla data odierna percepito la somma stabilita dall’Autorità giudiziaria nel suddetto procedimento; – di aver già percepito la somma stabilita dall’Autorità giudiziaria nel suddetto procedimento (specificare gli estremi di riferimento: autorità che ha proceduto al pagamento, importo liquidato, data del pagamento ai fini del pagamento degli interessi se dovuti); 4) Azioni intraprese per l’escussione del credito (barrare e compilare accuratamente il caso che ricorre)
 DI NON AVER INTENTATO azioni giudiziali aventi ad oggetto il pagamento delle somme dovute per il titolo indicato in premessa (ad esempio giudizi di ottemperanza, procedure esecutive)
 DI AVER INTENTATO le seguenti azioni giudiziali aventi ad oggetto il pagamento delle somme dovute per il titolo indicato in premessa delle quali vengono indicati gli estremi di riferimento (Autorità giudiziaria adita; numero ed anno del procedimento; oggetto della domanda; nome ed indirizzo dell’avvocato patrocinante; data di presentazione della domanda; stato attuale del procedimento).
5) I seguenti dati relativi al pagamento sorte capitale € data di decorrenza degli interessi dal ____ / _____ / __________
6) Modalità di pagamento (barrare e compilare accuratamente la modalità prescelta; ATTENZIONE: i pagamenti a mezzo vaglia cambiario sono possibili solo per importi fino a 1.000 euro ai sensi dell’art. 5-sexies, comma 9, della Legge Pinto, inserito con la legge di “stabilità” per il 2016)
 Di voler ricevere il pagamento mediante bonifico sul conto corrente bancario o postale intestato ovvero cointestato a se medesimo
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IBAN
 Di non essere intestatario di conto corrente bancario o postale e pertanto di voler ricevere il pagamento mediante vaglia cambiario della Banca d’Italia non trasferibile da inviare a proprio rischio e spese con plico assicurato al seguente indirizzo:
7) Allegati (barrare il caso che ricorre)
 Documento di identità o riconoscimento in corso di validità
 Documento di identità scaduto per il quale conferma la validità dei dati sullo stesso contenuti.
Dichiara inoltre di essere informato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art.13 del D.Lsg. 196/2003, che i dati personali raccolti saranno trattati, anche con strumenti informatici, esclusivamente nell’ambito del procedimento per il quale la presente dichiarazione viene resa. La presente dichiarazione consta di tre pagine.
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