Sostegno didattico

A settembre 2023 avevo pubblicato un articolo sul sostegno didattica dei bambini e ragazzi disabili.

Vi sollecito a rileggerlo, in quanto l’articolo è attinente a quello che sta succedendo in molte scuole e cioè, la riduzione delle ore di sostegno, ma numerosi i Tar che stanno dando ragione ai genitori di tali bambini e ragazzi, come la l’ordinanza avutasi oggi presso il Tar di Catanzaro, dove ho perorato un caso.

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La riforma Cartabia D. Lgs n. 149/2022 sull’Esecuzione forzata

La riforma Cartabia D. Lgs n. 149/2022 sull’Esecuzione forzata

Le nuove disposizioni in materia di esecuzione forzata introdotte dal d.lgs. 149/2022 si applicano ai procedimenti esecutivi iniziati dal 1° marzo 2023.

Occorre, fare riferimento:

– per l’espropriazione forzata, al perfezionarsi del pignoramento (art. 491 c.p.c.);

– per l’esecuzione in forma specifica per consegna di beni mobili, all’accesso dell’ufficiale giudiziario (art. 606 c.p.c.);

– per l’esecuzione in forma specifica per rilascio di beni immobili, al perfezionarsi della notifica dell’avviso di sloggio (art. 608, c. 1, c.p.c.);

– per l’esecuzione in forma specifica per obblighi di fare e di non fare, al ricorso al giudice dell’esecuzione per determinarne le modalità (art. 612 c.p.c.);

– per la nuova disciplina delle misure coercitive di cui all’art. 614-bis c.p.c., all’emanazione dei provvedimenti di condanna che le contengono (purché sia stata ritualmente formulata la relativa istanza, anche in sede di precisazione delle conclusioni), con la possibilità, dal 1° marzo 2023, di chiederle anche al giudice dell’esecuzione mediante ricorso ex art. 612 c.p.c., quando non siano state richieste nel giudizio di cognizione o quando il titolo esecutivo sia diverso da un provv.to di condanna (ad es., un atto pubblico o un verbale di conciliazione, giudiziale o stragiudiziale).

– La competenza per l’espropriazione di crediti della P.A., è attribuita ai tribunali nei quali ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede (art. 26-bis, c. 1, c.p.c. vigente dal 22 giugno 2022);

– Il creditore procedente ha l’onere di notificare l’avviso al debitore esecutato e al terzo pignorato di avvenuta iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi, a pena di inefficacia dello stesso e di estinzione ex officio della procedura (art. 543, c. 5 e 6, c.p.c. vigente dal 22 giugno 2022).

– È stata abrogata la formula esecutiva di cui all’art. 475, ult. co., c.p.c.;

– E’ stato aggiunto un quarto comma all’art. 474 c.p.c., il titolo è messo in esecuzione da tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e da chiunque spetti, con l’assistenza del pubblico ministero e il concorso di tutti gli ufficiali della forza pubblica, quando ne siano legalmente richiesti.

– L’art. 475 c.p.c., dispone che le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti dell’autorità giudiziaria, nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., per la parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, o per i suoi successori, debbano essere formati in copia attestata conforme all’originale, salvo che la legge disponga altrimenti.

– È stato  abrogato l’art. 476 c.p.c. sul rilascio di altre copie in forma esecutiva, così come modificati gli artt. 478, 479 e 488 c.p.c., nonché l’art. 153 disp. att. c.p.c. (sulle copie degli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, che debbono essere munite del sigillo del notaio o dell’ufficio al quale appartiene il pubblico ufficiale), abrogando l’art. 154 disp. att. c.p.c. (sul procedimento sanzionatorio per indebito rilascio di copie esecutive): il tutto in considerazione della forma telematica delle copie del titolo esecutivo giudiziale o notarile depositate nel fascicolo dell’esecuzione, anch’esso telematico, mantenendo comunque in capo al giudice il potere di richiedere al creditore procedente l’esibizione dell’originale del titolo o della copia autenticata, anche in considerazione del fatto che vi sono in circolazione ancora molti titoli non in copia digitale, bensì in (prima) copia analogica (id est, cartacea).

Possibilità per il creditore di intraprendere liberamente tutte le procedure esecutive che vorrà ai sensi dell’art. 483 c.p.c.estraendo dalla consolle copie dei provvedimenti giudiziali esecutivi, con attestazioni di conformità rese dal difensore a norma del nuovo art. 196-octies disp. att. c.p.c. («Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria»), oppure, in caso di titoli notarili, chiedendo copie conformi ulteriori al pubblico ufficiale che li abbia rogati e che le rilascerà munite del sigillo, come prescrive l’art. 153 disp. att. c.p.c., parimenti novellato.

In caso di abusi del creditore per eccesso di procedure esecutive a carico del debitore, il debitore potrà reagire ex ante proponendo opposizione a precetto con annessa istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ex art. 615, comma 1, c.p.c. o, post executionem, chiedendo la limitazione delle procedure esecutive (art. 483 c.p.c.) e la riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.).

L’abolizione della formula esecutiva ha comportato modifiche all’art. 654 c.p.c. sulla dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo, dovendosi dare atto nel precetto unicamente del provvedimento che ha disposto tale esecutorietà e non più della data di apposizione della formula esecutiva, e all’art. 663 c.p.c. sull’ordinanza di convalida di sfratto per mancata comparizione o per mancata opposizione dell’intimato, senza più neppure la necessità di attendere trenta giorni ove l’intimato non sia comparso, giusta quel che prevedeva l’abrogato c. 2 dello stesso art. 663 c.p.c.

L’istanza per la ricerca telematica dei beni da pignorare (art. 492-bis, c.p.c.) sospende automaticamente il termine di efficacia del precetto (90 giorni dalla notificazione, non soggetti a sospensione feriale), che riprende a decorrere una volta acquisite le informazioni tramite banche dati: dopo la notifica del precetto e il decorso del termine dilatorio di 10 giorni, l’istanza potrà essere formulata direttamente all’ufficiale giudiziario; nelle more andrà presentata sempre al presidente (della sezione esecuzioni) del tribunale o al suo delegato.

Se l’istanza per le ricerche telematiche venga presentata dopo la notifica del precetto (e dopo il decorso del termine di 10 gg previsto dall’art. 482 c.p.c.) è stata soppressa la necessità di autorizzazione da parte del presidente del tribunale, in quanto mero controllo formale, non diverso da quello che l’ufficiale giudiziario già svolge prima di procedere al pignoramento. Peraltro, l’ufficiale giudiziario ha già il potere di ricercare i beni del debitore (art. 492, commi 4, 5 e 7, c.p.c., nonché art. 513 c.p.c.). Tale soppressione, ridurrà notevolmente il carico dei presidenti delle sezioni esecuzioni dei tribunali, dato che il numero delle richieste di autorizzazione è molto elevato e in costante crescita. 

La disciplina delineata dal riscritto art. 492-bis c.p.c.notificato il precetto e decorso il termine dilatorio di dieci giorni dal perfezionarsi della notifica, prevede che, su istanza del creditore, l’ufficiale giudiziario addetto al tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio o (in subordine) la dimora oppure (per gli enti) la sede, verificata la regolarità dell’istanza, munito del titolo esecutivo e del precetto, proceda alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.

Se la richiesta di ricerca telematica preceda la notifica del precetto o quando ancora non sia spirato il termine dilatorio di dieci giorni di cui all’art. 482 c.p.c. (ipotesi  marginale), è mantenuta la previsione relativa alla necessità dell’autorizzazione da parte del presidente del tribunale (o di un magistrato da lui designato: usualmente il presidente della sezione esecuzioni), posto che in tali casi occorre valutare anche il presupposto dell’urgenza.

Il termine di efficacia del precetto (90 gg, non soggetti a sospensione feriale) rimane sospeso ipso iure dalla proposizione dell’istanza, tanto nel caso in cui sia presentata all’ufficiale giudiziario (nuovo I c. dell’art. 492-bis c.p.c.), quanto nel caso in cui sia stata formulata al presidente del tribunale (nuovo secondo c. ’art. 492-bis c.p.c.), ovviamente a precetto già notificato e fintanto che non sia funzionante il sistema di accesso alle banche dati operata direttamente dall’ufficiale giudiziario.

La sospensione ipso iure del termine opera per tutta la durata del subprocedimento di cui all’art. 492-bis c.p.c., fino alla comunicazione dell’ufficiale giudiziario di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti dell’istanza o al rigetto dell’istanza presentata al presidente del tribunale oppure fino alla comunicazione del processo verbale di cui al quarto c. dello stesso art. 492-bis c.p.c., contenente le risultanze dell’accesso effettuato dall’ufficiale giudiziario alle banche dati dell’anagrafe finanziaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e degli enti previdenziali.

La comunicazione da parte dell’ufficiale giudiziario, è necessaria per poter determinare con certezza il momento nel quale il termine di efficacia del precetto riprende il suo corso. Inoltre, per evitare possibili contestazioni mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, c. 2, c.p.c., è stato introdotto un ultimo c. all’art. 492-bis c.p.c., nel quale è previsto che, al fine di verificare il rispetto del termine di novanta giorni dalla notifica del precetto, previsto a pena di inefficacia del pignoramento, il creditore, nel caso di sospensione di tale termine per effetto delle ricerche telematiche, con la nota d’iscrizione a ruolo depositi, con le stesse modalità e nei medesimi termini, l’istanza, l’autorizzazione del presidente del tribunale, quando è prevista, nonché la comunicazione del verbale con le risultanze dell’accesso dell’ufficiale giudiziario alle banche dati  dell’anagrafe finanziaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e degli enti previdenziali, oppure la comunicazione dell’ufficiale giudiziario di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti dell’istanza o il provvedimento del presidente del tribunale di rigetto dell’istanza.

E’ stato introdotto un nuovo ult. c. all’art. 492 c.p.c. , nel quale si prevede che, nell’ipotesi di cui all’art. 492-bis c.p.c., l’atto o il verbale di pignoramento debba contenere l’indicazione della data di deposito dell’istanza di ricerca telematica dei beni, l’autorizzazione del presidente del tribunale, quando è prevista, e la data di comunicazione del processo verbale con le risultanze dell’accesso dell’ufficiale giudiziario alle banche dati dell’anagrafe finanziaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e degli enti previdenziali di cui allo stesso art. 492-bis, c. 4, c.p.c., oppure la data della comunicazione dell’ufficiale giudiziario di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti o del provvedimento del presidente del tribunale di rigetto dell’istanza, ai sensi dell’art. 492-bis, c. 3, c.p.c., anche in tal caso allo scopo di evitare che il debitore, ignaro della sospensione del termine di efficacia del precetto, proponga opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, c. 2, c.p.c., sostenendo l’intervenuta perenzione del precetto.

– La documentazione ipo-catastale o la certificazione notarile sostitutiva vanno depositate entro il termine di 45 gg dal pignoramento, quale previsto per il deposito dell’istanza di vendita, salvo proroga di ulteriori 45 gg (art. 567 c.p.c.).

– Il custode dell’immobile pignorato è nominato contestualmente alla nomina dello stimatore e i due ausiliari cooperano nel verificare la completezza e l’esattezza della documentazione ipo-catastale (art. 559 c.p.c.).

– La disciplina sulla liberazione dell’immobile pignorato è stata nuovamente riscritta: allorché il debitore non occupi l’immobile pignorato o questo sia detenuto da un terzo senza titolo o con un titolo inopponibile alla procedura, l’ordine di liberazione viene emesso nel momento in cui è disposta la vendita; quando l’immobile è occupato dal debitore, salvo che questi o i suoi familiari violino gli obblighi inerenti al bene staggito, l’ordine di liberazione viene emesso contestualmente al decreto di trasferimento; l’ordine viene eseguito direttamente dal custode, senza osservare le formalità dell’esecuzione per rilascio di immobile  (art. 560 c.p.c.).

– È stata introdotta la «vendita diretta», per consentire al debitore di reperire un acquirente dell’immobile, purché ciò avvenga senza frode ai creditori e senza procrastinare la procedura (artt. 568-bis e 569-bis c.p.c.).

– Sono previsti schemi ‘standardizzati’ per la relazione di stima e per gli avvisi di vendita su modelli predisposti dal giudice dell’esecuzione ed è imposta all’aggiudicatario un’autocertificazione in ossequio alle norme in materia di antiriciclaggio.

– Vengono disciplinati i requisiti di iscrizione all’elenco, le verifiche, l’aggiornamento, la rotazione e i limiti agli incarichi dei professionisti delegati alle vendite (artt. 179-ter e 179-quater disp. att. c.p.c.).

– È ampliato il novero delle attività demandate al professionista delegato (art. 591-bis c.p.c.), i cui atti sono sottoposti a reclamo al giudice dell’esecuzione entro il termine perentorio di 20 gg dalla loro conoscenza legale (art. 591-ter c.p.c.); avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione è proponibile opposizione agli atti esecutivi (art. 617, c. 2, c.p.c.).

– Il progetto distributivo e i pagamenti sono curati dal professionista delegato, sotto il controllo del giudice dell’esecuzione, salvo che sorgano controversie distributive ex art. 512 c.p.c., la cui soluzione è rimessa al giudice dell’esecuzione (artt. 596, 597 e 598 c.p.c.).

– Sono stati introdotti limiti temporali alle misure coercitive per il caso di ritardo nell’adempimento, integrati i criterî di determinazione quantitativa del loro importo e si è prevista la possibilità di chiederle al giudice dell’esecuzione, quando non siano state richieste al giudice della cognizione o per titoli esecutivi diversi dai provvedimenti di condanna, purché relativi a crediti non pecuniari (art. 614-bis c.p.c.).

«Con un primo intervento viene modificata la competenza per territorio nei procedimenti di espropriazione forzata di crediti nei confronti della P.A.». La modifica introdotta, conciliando il nuovo criterio del foro del creditore con il principio del foro erariale, radica la competenza nel foro dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, consentendo così una ragionevole distribuzione delle controversie tra diversi tribunali distrettuali». La modifica della competenza si applica alle procedure esecutive promosse a partire dal 22 giugno 2022, :

– sostituisce al foro del terzo debitor debitoris il foro del creditore verso la P.A.;

– concentra le procedure sul tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello in cui il creditore risiede o ha domicilio o ha sede (in caso di ente): per esemplificare, quando il creditore verso la P.A. risieda o abbia domicilio o sede a Viterbo, competente per l’espropriazione del credito sarà il Tribunale di Roma; quando il creditore verso la P.A. risieda o abbia domicilio o sede a Como, competente per l’espropriazione del credito sarà il Tribunale di Milano.

Per le persone fisiche il criterio della dimora è sussidiario, essendo invocabile solo quando residenza o domicilio siano ignoti (cfr. l’art. 18 c.p.c.); ritenere che il creditore possa procedere in executivis in qualunque luogo abbia una dimora, magari una seconda casa di vacanza, significa consegnare il criterio di competenza al più assoluto arbitrio.

Stante la demanialità e, dunque, l’impignorabilità di gran parte dei beni della P.A., il pignoramento delle somme della P.A. è il modo più efficace e, dove possibile, rapido per conseguire il pagamento dei crediti vantati verso la stessa, in forza di titoli esecutivi che vanno notificati 120 gg prima di poter intimare il precetto, a pena di nullità del precetto e di inammissibilità dell’azione esecutiva, rilevabile anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione. Scaduto tale termine, il creditore potrà intimare il precetto e, decorso il termine dilatorio di dieci giorni, chiedere il pignoramento o proporre dinanzi al TAR il giudizio per l’ottemperanza ex artt. 112 ss. c.p.a, mediante nomina di un commissario ad acta, che compia in luogo della P.A. gli atti amministrativi necessari ad adempiere.

La l. n. 720 del 1984 ha istituito il sistema di tesoreria unica, imponendo a enti e organismi pubblici in genere l’obbligo di mantenere le proprie disponibilità liquide o le eccedenze di cassa esclusivamente in contabilità speciali o conti correnti infruttiferi presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. A istituti di credito convenzionati sono affidate le funzioni di tesorieri o cassieri degli enti e degli organismi pubblici soggetti al sistema della tesoreria unica. Gli istituti di credito convenzionati effettuano, nella qualità di organi di esecuzione degli enti e degli organismi suddetti, le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.

La disciplina sulla tesoreria unica si basa sul principio che il denaro pubblico deve uscire esclusivamente dalla tesoreria dello Stato solo al momento della effettiva spesa da parte degli enti destinatari: questo sistema accentua il ruolo della Banca d’Italia, quale affidataria del servizio unico di tesoreria e gestore dell’intero sistema dei flussi finanziari connessi con gli incassi e i pagamenti di pertinenza del bilancio dello Stato e degli altri enti ricompresi nel settore pubblico.

Ai sensi dell’art. 14, comma 1-bis, d.l. n. 669 del 1996, decorso il termine dilatorio di 120 gg dal perfezionarsi della notificazione del titolo esecutivo, l’atto di precetto e il successivo pignoramento vanno notificati, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio dal giudice dell’esecuzione, presso la struttura territoriale dell’ente pubblico debitore, nella cui circoscrizione risiedono o hanno sede i soggetti privati interessati.

Ai sensi dell’art. 1-bis  l. n. 720 del 1984 sul sistema di tesoreria unica, i pignoramenti a carico di enti e organismi pubblici delle somme affluite nelle contabilità speciali intestate agli stessi si eseguono esclusivamente secondo le forme del pignoramento presso terzi, con atto di pignoramento ex art. 543 c.p.c. notificato all’azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo contro il quale si procede, nonché al medesimo ente od organismo debitore. Il cassiere o tesoriere assume la veste del terzo pignorato, ai fini della dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. e di ogni altro obbligo e responsabilità ex art. 546 c.p.c., essendo tenuto a vincolare l’ammontare per cui si procede nelle contabilità speciali con annotazione nelle proprie scritture contabili.

In base al Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, r.d. n. 827 del 1924 (artt. 498 e 502), le amministrazioni, enti, uffici o funzionari ai quali siano notificati pignoramenti relativi a somme dovute dalla P.A., sospendono l’ordine di pagamento delle somme ai quali i suddetti atti si riferiscono, dandone notizia alla Corte dei conti e all’amministrazione centrale. Quando gli atti contengano citazione a comparire davanti all’autorità giudiziaria, ne è subito avvertita l’Avvocatura dello Stato per i provvedimenti di sua competenza, comunicando gli elementi necessari perché possa essere resa la dichiarazione delle somme dovute, secondo le norme del codice di rito. Se gli atti non siano nulli o inefficaci per disposizione esplicita di legge o per vizio di forma, l’amministrazione centrale, sentita l’Avvocatura dello Stato, dispone che il pagamento venga effettuato. In caso contrario, non si dà corso al pagamento, fino a che non sia notificata sentenza dell’autorità giudiziaria passata in giudicato sulla validità degli atti o sull’assegnazione delle somme, salvo che il creditore pignorante non rinunzi formalmente al pignoramento notificato.

La normativa sulla tesoreria unica prevede dunque, quale unica forma di pignoramento del denaro della P.A., il pignoramento presso il tesoriere. In ragione di ciò, non sono ammessi pignoramenti presso le sezioni di tesoreria dello Stato e presso le sezioni decentrate del bancoposta anziché presso l’azienda o l’istituto cassiere o tesoriere dell’ente debitore, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio. Gli atti di pignoramento eventualmente notificati non determinano obbligo di accantonamento da parte delle sezioni di tesoreria dello Stato e presso le sezioni decentrate del bancoposta e non sospendono l’accreditamento di somme nelle contabilità intestate agli enti ed organismi pubblici.

Il tesoriere convenzionato con la P.A. non agisce in forza di un mandato o per effetto di delegazione di pagamento, bensì quale adiectus solutionis causa necessario, non potendo i pagamenti in denaro della P.A. aver luogo, se non, appunto, mediante il tesoriere, in forza della normativa applicabile al rapporto di concessione del servizio di tesoreria e per la natura pubblicistica del servizio svolto per conto della P.A. Il servizio convenzionato di tesoreria è, dunque, strumento necessario per il pagamento dei debiti dell’ente pubblico e veicolo per la corresponsione della liquidità necessaria a estinguere i debiti di questo.

Nel precedente testo dell’art. 26-bis, comma 1, c.p.c., la competenza funzionale veniva attribuita, in deroga alla regola generale dettata nel comma 2 del medesimo art. 26-bis c.p.c., all’ufficio giudiziario del luogo dove il terzo debitor debitoris aveva la residenza, il domicilio, la dimora (in via puramente sussidiaria) o la sede, cioè segnatamente all’ufficio giudiziario del luogo dove si trovava l’articolazione territoriale dell’azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo pubblico debitore, che provvede in concreto all’espletamento del servizio di tesoreria, secondo le convenzioni fra P.A. e il cassiere o tesoriere incaricato, cioè segnatamente all’ufficio giudiziario del luogo in cui opera la filiale, la succursale o l’agenzia che ha in carico il rapporto che forma oggetto della dichiarazione da parte del terzo tesoriere convenzionato.

Tuttavia, sempre ai sensi del suddetto art. 14, c. 1-bis, d.l. n. 669 del 1996 e in deroga all’art. 26-bis, c. 1, c.p.c., per l’espropriazione di crediti a carico di enti o istituti esercenti forme di previdenza e assistenza obbligatorie e organizzati su base territoriale (come l’INPS e l’INAIL), la competenza funzionale appartiene non già al tribunale del luogo in cui ha residenza, domicilio, dimora o sede il terzo debitor debitoris, bensì al tribunale del circondario in cui è stato emesso il provvedimento giurisdizionale in forza del quale la procedura esecutiva è promossa, a pena di improcedibilità rilevabile (recte di declinatoria di competenza rilevabile e pronunciabile) anche d’ufficio.

Il pignoramento presso terzi a carico della P.A. perde ipso iure efficacia, quando dal suo compimento è trascorso un anno senza che sia stata disposta l’assegnazione. L’ordinanza che dispone l’assegnazione dei crediti ai sensi dell’art. 553 c.p.c. perde ipso iure efficacia, se il creditore procedente, entro il termine di un anno dalla data in cui è stata emessa, non provvede ad agire per l’esazione delle somme assegnate. Norme queste dettate dall’art. 14, c. 1 bis, d.l. n. 669/1996 allo scopo di evitare che il vincolo pignoratizio si protragga per un tempo eccessivamente lungo nella contabilità dell’ente pubblico.

Accentrando in Roma il sistema di tesoreria unica, il criterio del debitor debitoris nell’ante vigente art. 26-bis, c. 1, c.p.c. finiva per concentrare tutte le procedure presso terzi a carico della P.A. negli uffici giudiziari della capitale. Di qui l’idea – stante il controllo demandato all’Avvocatura dello Stato sulle procedure di espropriazione di crediti a carico della P.A. ai sensi della su descritta disciplina – di affidare la competenza al foro dove essa ha sede, cioè presso i tribunali del capoluogo del distretto di corte d’appello in cui risiede o ha domicilio o ha sede il creditore, anziché il terzo debitor debitoris, cioè il cassiere o tesoriere esercente il servizio per la P.A. in sede decentrata. E di qui anche il nuovo art. 26-bis, c. 1, c.p.c., introdotto dalla l. 206/2021 e vigente dal 22 giugno 2022, che concentra le procedure esecutive a carico della P.A. sul «giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede», cioè presso il tribunale della sede distrettuale, anziché fare riferimento al foro del terzo pignorato.

«All’articolo 543 cpc civile dopo il quarto comma sono aggiunti i seguenti:

«Il creditore, entro la data dell’udienza di citazione indicata nell’atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione.  La mancata notifica dell’avviso di cui al precedente comma o il suo mancato deposito nel fascicolo della esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento.

Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l’inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non è notificato o depositato l’avviso. In ogni caso, ove la notifica dell’avviso di cui al presente comma non è effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento».

La previsione mira a completare il disposto dell’art. 164-ter disp. att. del c.p.c. e che, al I comma, stabilisce che il creditore – entro cinque giorni dal termine prescritto per il deposito della nota di iscrizione a ruolo della procedura (nell’espropriazione presso terzi, 30 gg ex art. 543 c.p.c.) – provveda a dichiarare al debitore e all’eventuale terzo, “mediante atto notificato”, la sopravvenuta inefficacia del pignoramento derivante dal tardivo o mancato deposito.

La disposizione mira a consentire una rapida liberazione dei beni (soprattutto, dei crediti pignorati presso debitores debitorum pubblici, come INPS) già sottoposti a pignoramento, evitando il ricorso al giudice dell’esecuzione per sbloccare somme o cespiti non più vincolati alla soddisfazione del creditore in ragione dell’automatica cessazione degli obblighi di custodia in capo al terzo. Tuttavia, la disposizione non prevede alcuna sanzione (salvo, presumibilmente, una responsabilità aquiliana del creditore nei confronti dell’esecutato) e la mancata informazione al terzo non consente a quest’ultimo di avvedersi della già verificatasi liberazione dei beni. Occorre conseguentemente prevedere che anche dell’avvenuta iscrizione a ruolo – e, dunque, della permanenza del vincolo di pignoramento – sia reso edotto il terzo pignorato, stabilendo altresì che l’inottemperanza all’obbligo di avviso del terzo comporti il venir meno degli obblighi ex art. 546 del c.p.c. in capo a quest’ultimo a far data dall’udienza indicata nell’atto di pignoramento».

I nuovi c. 4 e 5 aggiunti all’art. 543 c.p.c. pongono a carico del creditore pignorante ulteriori adempimenti formali, dopo che era già stato onerato a depositare telematicamente copie attestate conformi del titolo esecutivo, del precetto e del pignoramento, iscrivendo a ruolo la procedura esecutiva presso terzi, entro un termine perentorio di trenta giorni dalla restituzione del pignoramento da parte dell’ufficiale giudiziario, innovando rispetto al sistema precedente, che prevedeva tout court la trasmissione del pignoramento direttamente dall’ufficiale giudiziario alla cancelleria, per la formazione del fascicolo d’ufficio, inserendo poi titolo esecutivo e precetto al momento della costituzione del creditore.

Il comma 4 dell’art. 543 c.p.c., che le legge 206/2021 ha arricchito di ulteriori due commi a far tempo dal 22 giugno 2022, così recita: «Eseguita l’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l’originale dell’atto di pignoramento, con il titolo esecutivo ed il precetto. Il creditore deve depositare telematicamente nella cancelleria dell’ufficio giudiziario competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell’atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla restituzione effettuata dall’ufficiale giudiziario. La conformità di tali copie è attestata dall’avvocato del creditore. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo telematico dell’esecuzione. Il pignoramento perde efficacia, quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore».

Si confida che almeno per l’avviso da notificare al debitore basti il deposito telematico in cancelleriaquando questi abbia omesso di dichiarare la residenza o di eleggere domicilio nel circondario del giudice adito, giusta l’invito contenuto nell’atto di pignoramento, ai sensi dell’art. 492, comma 2, c.p.c. Quanto al terzo, si dovrà notificargli l’avviso di iscrizione a ruolo della procedura nei modi previsti ex lege, anche tramite posta elettronica certificata o a mezzo del servizio postale, ai sensi della l. 53/1994 sulle notificazioni in proprio degli avvocati muniti di procura, oppure con ufficiale giudiziario, affrettandosi poi a depositare il tutto nel fascicolo telematico della procedura prima dell’udienza di comparizione dinanzi al giudice dell’esecuzione, a pena di inefficacia del pignoramento e di estinzione dell’esecuzione, rilevabili anche d’ufficio.

Deposito della documentazione ipo-catastale entro il medesimo termine di 45 gg dal pignoramento previsto per il deposito dell’istanza di vendita (art. 567 c.p.c.)

Il d.lgs. 149/2022 ha modificato l’art. 567 c.p.c., riducendo i termini per il deposito della documentazione ipotecaria e catastale e per l’eventuale proroga di ulteriori 45 gg. Benché il termine per il deposito dell’istanza di vendita e quello per il deposito della documentazione ipo-catastale coincidano, deve escludersi che, in virtù della nuova formulazione della norma, da un lato, debba necessariamente depositarsi la documentazione unitamente all’istanza di vendita e, dall’altro lato, che il deposito della suddetta documentazione possa precedere l’istanza di vendita.

La novella impone solerzia agli utenti del servizio giustizia, a pena di inefficacia del pignoramento e di estinzione ex officio della procedura, con ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento medesimo.

Nomina del custode dell’immobile pignorato contestualmente a quella dello stimatore e controllo della documentazione ipo-catastale (art. 559 c.p.c.)

Il d.lgs. 149/2022 ha, modificato il secondo c. dell’art. 559 c.p.c., prevedendo la nomina anticipata del custode, contestualmente alla nomina dell’esperto e ribadendo la ristretta cerchia dei soggetti abilitati all’incarico, da individuare nell’istituto vendite giudiziarie (I.V.G.) o in uno dei professionisti delegabili per le operazioni di vendita, inseriti nell’elenco di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c.; è stata poi inserita nel comma 2 una clausola di salvezza («Salvo che la sostituzione nella custodia non abbia alcuna utilità ai fini della conservazione o della amministrazione del bene o per la vendita»), in forza della quale, in situazioni eccezionali e dall’àmbito applicativo limitatissimo, al giudice dell’esecuzione è data facoltà di non provvedere alla sostituzione del debitore con un custode giudiziario.

Il successivo terzo comma dell’art. 559 c.p.c. recepisce i nuovi compiti del custode giudiziario (che si sommano a quelli analiticamente indicati nel D.M. n. 80/2009), cioè il controllo, in ausilio all’esperto stimatore, della completezza della documentazione di cui all’art. 567 c.p.c., con l’aggiunta di una relazione informativa in un termine che il giudice dell’esecuzione, nell’esercizio dei poteri di direzione della procedura, avrà cura di fissare.

Disciplina della liberazione dell’immobile pignorato (art. 560 c.p.c.)

Il d.lgs. 149/2022, quanto ai presupposti e ai tempi di adozione dell’ordine di liberazione, ha confermato le due fattispecie dello stato di occupazione dell’immobile pignorato, a seconda che al momento del pignoramento: sia utilizzato dal debitore a fini diversi dall’abitazione oppure sia occupato da un terzo privo di titolo opponibile alla procedura, oppure sia abitato dal debitore e dai suoi familiari.

  1. Nel primo caso, l’emanazione del provvedimento di liberazione è obbligatoria ed è sottratta alla discrezionalità del giudice dell’esecuzione, con la previsione di un terminene ultra quem (nuovo settimo comma dell’art. 560 c.p.c.): «Il giudice dell’esecuzione, con provvedimento opponibile ai sensi dell’articolo 617, ordina la liberazione dell’immobile non abitato dall’esecutato e dal suo nucleo familiare oppure occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura non oltre la pronuncia dell’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni», anche qui senza valenza innovativa, ma meramente ricognitiva di quanto già statuito dall’art. 560 c.p.c. prima delle riforme del 2019 e di quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità.
  2. Nel secondo caso il debitore che, al momento del pignoramento, occupi l’immobile non perde la detenzione dello stesso sino al decreto di trasferimento; la permanenza nell’occupazione del cespite è ope legis, non abbisogna cioè (come accadeva invece nel sistema anteriore) di un’autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

A fronte di tale rilevante beneficio, sono posti a carico del debitore precisi doveri di collaborazione per il buon esito della procedura espropriativa, estesi anche ai familiari conviventi: la costante osservanza di tali obblighi rappresenta la condizione legittimante il permanere del debitore nel godimento dell’abitazione pignorata. Sono tipizzati i presupposti per l’adozione dell’ordine di liberazione, corrispondenti alla violazione di obblighi inerenti all’immobile e alle condotte pregiudizievoli, idonee a ledere l’interesse della procedura a realizzare il miglior risultato economico, diminuendo il valore dell’immobile o determinando una minore appetibilità dello stesso, o a recare danno alla posizione giuridica dell’aggiudicatario, provocando il sorgere di costi destinati a gravare a carico di quest’ultimo.

In tale configurazione l’ordine di liberazione non assume natura o veste sanzionatoria di qualsivoglia condotta non gradita del debitore, ma mira a garantire un corretto equilibrio tra gli interessi in gioco: da un lato, l’interesse a liberare l’immobile per realizzare la maggiore soddisfazione dei crediti azionati e, quindi, in ultima analisi, tutelare il credito; dall’altro lato, l’interesse del debitore all’abitazione, avente natura di vero e proprio diritto fondamentale, come tale idoneo a comprimere, seppur in via temporanea, il pieno esercizio della tutela esecutiva[16]. Proprio la salvaguardia del diritto all’abitazione, avente valenza di «diritto sociale», rientrante «fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» come ratio della permanenza ex lege del debitore nell’immobile occupato a fini abitativi[17], ha consentito di sciogliere il nodo sulla possibilità di attribuire il beneficio anche al debitore single: la natura individuale del diritto all’abitazione e l’esigenza di evitare ingiustificate differenziazioni di trattamento, difficilmente compatibili con il principio di eguaglianza, hanno indotto a non recepire stricto sensu la locuzione «convivente» adoperata dal legislatore delegante, in guisa da riconoscere la permanenza sino al trasferimento anche al debitore che occupi da solo l’immobile.

Il nono comma (previgente sesto comma) dell’art. 560 c.p.c., individua una nuova situazione legittimante l’emissione dell’ordine di liberazione anticipata rispetto al trasferimento: il comportamento del debitore che rechi impedimento allo svolgimento delle attività degli ausiliari del giudice dell’esecuzione.

Con il nuovo decimo c. dell’art. 560 c.p.c., il custode attua il provvedimento di liberazione dell’immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. c.p.c. sull’esecuzione in forma specifica per rilascio di immobile, successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario, salvo che questi non lo esentino.

Nell’ipotesi di immobile abitato dal debitore, con il nuovo ottavo c. dell’art. 560 c.p.c. si è precisato, che l’ordine di liberazione costituisce provvedimento autonomo e separato, emesso (salvi i casi di ordine anticipato per comportamenti violativi del debitore) contestualmente alla pronuncia del decreto di trasferimento. Il regime dell’ordine di liberazione è, dunque, self-executing, cioè esecutivo, con effetti diversi dal decreto di trasferimento (che, comunque, è e resta titolo esecutivo in favore dell’aggiudicatario, da azionare nelle forme della procedura per rilascio di immobile ex artt. 605 ss. c.p.c., attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. c.p.c., con l’attribuzione al custode di un’ultrattività della funzione, limitata alla materiale liberazione di un immobile divenuto di proprietà di altri e, quindi, non più soggetto al munus custodiale.

La vendita diretta (artt. 568-bise 569-bis c.p.c.)

Una tra le maggiori novità della riforma dell’esecuzione forzata, ha lo scopo di favorire una “liquidazione ‘virtuosa’ e rapida attraverso la collaborazione del debitore”, facendo attenzione a non allungare “infruttuosamente i tempi processuali” e ad evitare che siano perpetrate “frodi in danno dei creditori”.

Due criticità.

La prima è quella del rapporto tra questa nuova “vendita immobiliare” e l’udienza disciplinata dall’art. 569 c.p.c., che costituisce sostanzialmente l’unica udienza dell’espropriazione immobiliare. La proposizione dell’istanza non può certamente determinare il venire meno di tale udienza, giacché in questa il giudice dell’esecuzione, oltre a fissare i termini per la vendita ordinaria (art. 569, 3° c., c.p.c.), alla quale la vendita c.d. diretta sarebbe alternativa, nel contraddittorio delle parti, (a) svolge i necessari accertamenti prodromici alla vendita, tra cui quello di verificare che il creditore procedente abbia effettuato le notificazioni previste dall’art. 498, 3° c., c.p.c., (b) provvede sulle opposizioni agli atti, (c) determina, ai sensi dell’articolo 568 c.p.c., il prezzo base all’esito dell’iter dettato dall’art. 173-bis, 3° e 4° comma, disp. att. c.p.c. ovvero delega il professionista a tale incombenza sempre all’esito del predetto iter, ai sensi dell’art. 591-bis, 3° c., n. 1), c.p.c. (disposizione quest’ultima pressoché inutilizzata), (d) fissa l’udienza prevista dall’art. 499, 5° c., c.p.c.

Inoltre, l’udienza ex art. 569 c.p.c. è “spartiacque” per l’intervento tempestivo dei creditori ai sensi degli artt. 499, 2° c., 564 e 565 c.p.c., nonché per proporre l’opposizione all’esecuzione fondata su fatti antecedenti, ai sensi dell’art. 615, 2° comma, seconda parte, c.p.c., quando nel corso della medesima viene disposta la vendita.

La seconda criticità è costituita dal “prezzo base” al di sotto del quale l’offerta della vendita c.d. diretta è inammissibile. Infatti, considerato che il prezzo base, come detto, è determinato dal giudice dell’esecuzione all’udienza ex art. 569 c.p.c., all’esito dell’iter scandito dall’art. 173-bis, 3° e 4° comma, disp. att. c.p.c., nel termine ultimo per la proposizione dell’istanza per la vendita c.d. diretta (10 gg prima della udienza), il medesimo non è stato ancora determinato. Né l’ipotesi di sdoppiare l’udienza, fissando la prima solo per la determinazione del prezzo base, avrebbe pregio, considerato che ciò implicherebbe un’inutile e irrazionale perdita di tempo in ogni procedura solo in funzione della remota eventualità che il debitore proponga la predetta istanza. Del resto, nella prassi, i tempi di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c. sono scanditi dai tempi necessari all’esperto per la valutazione del compendio immobiliare oggetto dell’espropriazione forzata.

Nemmeno è ipotizzabile prevedere che in caso di istanza per la vendita c.d. diretta (10 gg prima dell’udienza), in pieno iter per la determinazione del prezzo base (ai sensi dell’articolo 173-bis, 4° comma, le parti possono depositare all’udienza note purché queste siano state trasmesse all’esperto almeno 15 gg prima, per consentire al medesimo di replicare in udienza), il “prezzo base” diventi quello determinato dall’esperto nella relazione di stima.

Di qui l’esigenza di prevedere che, da un lato, dopo la proposizione dell’istanza di vendita diretta da parte del debitore l’udienza di cui all’articolo 569 c.p.c. si tenga comunque, dall’altro, che l’offerta di acquisto depositata unitamente all’istanza del debitore non più tardi di 10 gg. prima dell’udienza debba essere integrata (unitamente alla cauzione) nel caso in cui, all’udienza, il prezzo base determinato dal giudice ai sensi dell’articolo 568 c.p.c. sia superiore al valore determinato nella perizia di stima e, conseguentemente, all’offerta.

Questa soluzione ha il pregio di superare entrambe le criticità in precedenza indicate, ma la vendita c.d. diretta, nella quale è prevista la pubblicità dell’offerta ai sensi dell’art. 490 c.p.c. e la procedura competitiva tra più offerenti, non sarebbe molto diversa dalla vendita ordinaria di cui all’art. 569, 3° comma, c.p.c., anche con riferimento ai tempi di attuazione, considerando, tra l’altro, che con la riforma il professionista delegato è tenuto in un anno ad esperire almeno tre tentativi di vendita.

Il procedimento avrebbe, quindi, una scarsissima appetibilità per il debitore in alternativa alla vendita ordinaria.

Se poi si considera che la legge delega prevede la liberazione dell’immobile, ancorché abitato dal debitore con la sua famiglia, in termini ristrettissimi, a pena di decadenza dall’istanza, allora è evidente che le prospettive di impiego dell’istituto sarebbero del tutto nulle. Nel caso probabilissimo di accordo tra l’offerente e il debitore affinché quest’ultimo possa continuare ad abitare l’immobile con la sua famiglia, si verificherebbe l’assurdo che il medesimo sarebbe tenuto a lasciare l’immobile libero da persone e da cose, per poi rientrare dopo pochi mesi con le persone e le cose.

Non si comprende per quale ragione il debitore dovrebbe preferire la vendita diretta, con offerta formulata al prezzo base e assoggettata alla procedura competitiva, in cui è tenuto entro trenta giorni a liberare l’immobile abitato con la sua famiglia, anziché la vendita ordinaria con offerta dell’interessato “non ostile” a prezzo minimo (ossia ridotto del 25% rispetto al prezzo base), che, a differenza della vendita diretta, meglio gli garantirebbe la permanenza nell’immobile, dal medesimo abitato con la sua famiglia, sino al decreto di trasferimento e, quindi, senza soluzione di continuità. Peraltro, l’obbligo del debitore istante, a pena di decadenza, di liberare entro trenta giorni l’immobile anche se abitato con la sua famiglia, in deroga a quanto stabilito dall’art. 560, 8° comma, c.p.c. pone seri dubbi sulla legittimità costituzionale della disciplina.

La soluzione adottata è quella di un procedimento di vendita diretta a prezzo base senza la procedura competitiva in caso di accordo dei creditori titolati e di quelli indicati dall’articolo 498 c.p.c., manifestato anche tacitamente mediante mancata opposizione; questa soluzione offre al debitore un istituto appetibile, alternativo alla vendita ordinaria, senza alterare gli equilibri e senza pregiudicare gli interessi delle parti nel processo esecutivo.

È pur vero che con l’offerente “non ostile” e l’accordo con i creditori, il debitore può sempre sottrarre il bene alla vendita forzata, previa rinuncia agli atti dei soli creditori titolati (contestuale alla vendita e al pagamento nelle loro mani), senza necessità di ricorrere alla vendita diretta; è anche vero, però, che tale iter è spesso complesso, lungo ed articolato e in alcuni casi il debitore, soprattutto quando i creditori sono istituti bancari o soggetti similari, incontra con questi serie difficoltà finanche alla interlocuzione. La procedura della vendita diretta senza opposizione dei creditori ha il pregio di smussare tali asperità: il creditore troverebbe la sua convenienza non soltanto nella vendita a prezzo base senza ribassi, nemmeno il primo ribasso costituito dal prezzo minimo, ma soprattutto, nella drastica riduzione dei tempi del processo. D’altro canto, però, si è ben consapevoli che l’accordo extraprocessuale con i creditori, “a saldo e stralcio”, avrebbe, al pari della procedura di sovraindebitamento, il pregio di esdebitare il debitore, mentre la vendita diretta con l’accordo dei creditori, manifestato mediante la mancata opposizione, raggiungerebbe tale obiettivo sole se il prezzo offerto sia sufficiente a soddisfare tutti i creditori.

Ad ogni modo, la vendita diretta con l’accordo dei creditori avrebbe il pregio di depotenziare anche l’iniziativa dilatoria del debitore, con la perdita del 10% della cauzione, considerando che in caso, appunto, di mancata opposizione dei creditori, l’espletamento della vendita, seguìto dal mancato versamento del saldo-prezzo, comporterebbe un rallentamento della procedura di non più di quattro o cinque mesi, a fronte dei 10/12 mesi della vendita diretta con procedura competitiva nel caso di opposizione dei creditori. Il che giustifica ulteriormente la mancata previsione della deroga alla disciplina prevista dall’art. 560, 8° comma.

Lo scostamento dalla legge delega della vendita senza la procedura competitiva si ha solo con l’accordo dei creditori manifestato mediante la mancata opposizione.

Del resto, tale istituto è già previsto nell’ordinamento per la vendita esattoriale dall’art. 52, comma 2-bis, d.p.r. 602/1972, come mod. d.l. 69/2013 (c.d. Decreto del fare), conv. in l. 98/2013, ancorché con l’adesione espressa dell’Agente di Riscossione che, considerando l’art. 54, è l’unico creditore agente della procedura.

Se invece il creditore titolato o quello indicato dall’art. 498 c.p.c. si oppone alla vendita senza procedura competitiva, si ripristina il sistema previsto nella legge delega.

In tale ultima ipotesi, la disciplina della vendita con la procedura competitiva prevede termini che complessivamente non si discostano da quelli indicati nella legge delega, ancorché con una diversa distribuzione interna dovuta alla impossibilità materiale di effettuare la pubblicità entro quindici giorni dal provvedimento del giudice dell’esecuzione, come previsto dalla legge delega. Peraltro, il termine di 30 gg successivo al termine per la presentazione delle offerte, previsto nella legge delega per convocare il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti per la deliberazione sull’offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti, può essere ridotto, anche in considerazione delle modalità telematiche delle vendite, senza pregiudizio alcuno per le parti.

Al fine di accelerare la chiusura della procedura di vendita si è altresì previsto che, su istanza dell’aggiudicatario, il giudice dell’esecuzione possa autorizzare il trasferimento del diritto mediante atto notarile da trasmettere ad opera del notaio rogante nel fascicolo della procedura esecutiva. In tal caso spetta comunque al giudice il compito relativo alla cancellazione delle trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli».

Subprocedimento di vendita: schemi ‘standardizzati’ per la relazione di stima e per gli avvisi di vendita (art. 169-quinquies disp. att c.p.c., artt. 570, ult. comma, e 591-bis, ult. comma, ult. frase, c.p.c., artt. 173-bis e 173-quater disp. att. c.p.c.)

L’introduzione di schemi standardizzati per la redazione degli avvisi di vendita (nonché della relazione di stima dell’esperto stimatore),  è rivolta tanto al giudice dell’esecuzione, onde facilitare la necessaria interlocuzione con i propri ausiliari, tanto alla platea dei potenziali interessati all’acquisto dell’immobile staggito, dacché l’uniformità dei modelli adoperati senza dubbio agevola la lettura e la comprensione di due atti fondamentali per determinarsi all’offerta».

Inoltre, «in forza delle disposizioni in materia di c.d. vendita diretta si è reso necessario integrare la disciplina della delega ex art. 591-bis c.p.c. per adattarla al nuovo istituto, aggiungendo differenti previsioni secondo che la vendita avvenga senza opposizione dei creditori e conseguente procedura competitiva, o con l’opposizione dei medesimi. È stato poi introdotto, sempre all’art. 591 bis c.p.c., un nuovo comma quattordicesimo, allo scopo di collocare nella sede ritenuta più appropriata la disposizione attualmente contenuta al c. 9-sexies dell’art. 16-bis del decreto-legge 179/2012. Tale norma prevede che il professionista delegato a norma dell’art. 591-bis cpc, entro 30 gg dalla notifica dell’ordinanza di vendita, deposita un rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte; che a decorrere dal deposito del rapporto riepilogativo iniziale, il professionista deposita, dopo ciascun esperimento di vendita, un rapporto riepilogativo periodico delle attività svolte; che entro dieci giorni dalla comunicazione dell’approvazione del progetto di distribuzione, il professionista delegato deposita un rapporto riepilogativo finale delle attività svolte successivamente al deposito del rapporto di cui al periodo precedente. L’ultimo periodo del nuovo quattordicesimo c. dell’art. 591-bis c.p.c. precisa che i rapporti riepilogativi contengono i dati identificativi dell’esperto che ha effettuato la stima, con disposizione che ricalca quella attualmente contenuta al comma 9-septies dell’art. 16-bis decreto-legge 179/2012».

Si tratta,  di modifiche operative – introdotte anche nel corpo dell’art. 169-quinquies, ult. frase, disp. att. c.p.c. per i prospetti riepilogativi delle stime e delle vendite mobiliari – che, non fanno che rinviare a «modelli predisposti dal giudice dell’esecuzione», come si legge nell’art. 570, ult. c., c.p.c. per l’avviso di vendita, nell’art. 591-bis, ult. c., ult. frase, c.p.c. per i rapporti riepilogativi del professionista delegato, nell’art173-bis, ult. c., disp. att. c.p.c. per la relazione di stima e nell’art. 173-quater, ult. frase, disp. att. c.p.c. nuovamente per l’avviso di vendita a cura del professionista delegato.

Già da tempo le c.d. buone prassi adoperano schemi standardizzati specialmente dopo l’avvento delle vendite telematiche, senza che si sentisse la necessità di tradurle in norme di legge.

Le disposizioni antiriciclaggio (artt. 585, 586 e 591-bisc.p.c.)

Per contrastare fenomeni di riciclaggio e di infiltrazione della criminalità organizzata, il d.lgs. 149/2022 ha, esteso alle procedure espropriative le disposizioni in materia di antiriciclaggio, apportando modifiche agli artt. 585, 586 e 591-bis c.p.c., onde applicare agli aggiudicatari di beni immobili oggetto di espropriazione forzata gli obblighi previsti dal d.lgs. 231/2007 a carico dei ‘clienti’. Con le modifiche agli artt. 585 e 586 c.p.c. è previsto che l’aggiudicatario, nel termine fissato per il versamento del saldo prezzo, con dichiarazione scritta resa nella consapevolezza delle responsabilità, civili e penali, previste per le dichiarazioni false o mendaci, fornisce al giudice dell’esecuzione o al professionista delegato le informazioni prescritte dall’art. 22 d.lgs. 231/2007.

Il legislatore delegato non ha, invece, ritenuto di porre a carico del professionista compiti di controllo o verifica delle informazioni così acquisite, sia perché in tal senso non disponeva la legge delega, sia perché il d.lgs. 231/ 2007 prevede una serie di modalità di controllo delle dichiarazioni ad opera del professionista e di strumenti di indagine a disposizione di questo.

I requisiti di iscrizione all’elenco, le verifiche, l’aggiornamento, la rotazione e i limiti agli incarichi dei professionisti delegati alle vendite (artt. 179-ter 179-quater disp. att. c.p.c.)

L’art. 179-ter disp. att. c.p.c. sull’elenco dei professionisti (avvocati, commercialisti e notai) che, su delega del giudice dell’esecuzione, provvedono alle operazioni di vendita di beni mobili registrati e di beni immobili, rispettivamente ai sensi degli artt. 534-bis e 591-bis c.p.c., è stato ampiamente riscritto dalla riforma di cui al d.lgs. 149/2022, all’art. 179-quater disp. att. c.p.c., per garantirne l’affidabilità e la competenza e per assicurare la trasparenza e la rotazione nel conferimento degli incarichi.

Si legge, a tale proposito, nella Relazione illustrativa al d.lgs. 149/2022 che è stato «modificato l’articolo 179-ter disp. att. c.p.c. recante la disciplina dell’elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita, come sostituito dall’art. 5-bis, primo comma, della legge 119/2016, di conversione del decreto-legge 56/2016. In particolare la disposizione vigente, demanda ad un decreto non regolamentare del Ministro della giustizia di stabilire: a) gli obblighi di prima formazione per ottenere l’iscrizione nell’elenco; b) gli obblighi di formazione periodica da assolvere ai fini della conferma dell’iscrizione; c) la composizione e le modalità di funzionamento della commissione preposta alla tenuta dell’elenco, all’esercizio della vigilanza sugli iscritti, alla valutazione delle domande di iscrizione e all’adozione dei provvedimenti di cancellazione dall’elenco.

Tale decreto, peraltro, non è mai stato emanato, essenzialmente in ragione dell’incompletezza della disciplina di rango primario, che non attribuiva copertura normativa ad alcuni aspetti essenziali della materia che non potevano dunque essere rimessi neppure alla regolazione secondaria, peraltro espressamente esclusa dall’art. 179-ter che richiama un decreto non regolamentare.

Pertanto, dando attuazione al criterio di delega di cui all’art. 1, c. 12 e 16, si è colta l’occasione per disciplinare nel dettaglio la materia direttamente con norma primaria stabilendo che le modalità di tenuta e formazione dell’elenco, attribuita ad un comitato presieduto dal Presidente del tribunale o da un suo delegato e composto da un giudice addetto alle esecuzioni immobiliari e da un professionista iscritto nell’albo professionale, designato dal consiglio dell’ordine, a cui appartiene il richiedente l’iscrizione nell’elenco. Sono stati inoltre disciplinati nel dettaglio i requisiti necessari per la proposizione della prima domanda di iscrizione nell’elenco (c. 3, 4 e 5 dell’art. novellato) e per la conferma della medesima (commi 6 e 7).

Il c. 10, infine, attribuisce al comitato il potere di disporre la sospensione fino a un anno e, in caso di gravi ovvero reiterati inadempimenti, la cancellazione dall’elenco dei professionisti ai quali in una o più procedure esecutive sia stata revocata la delega in conseguenza del mancato rispetto dei termini per le attività delegate, delle direttive stabilite dal giudice dell’esecuzione o degli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti.

Si stabilisce altresì che i professionisti cancellati dall’elenco a seguito di revoca della delega non possano essere reinseriti nel triennio in corso e nel triennio successivo».

È stato altresì novellato l’art. 179-quater disp. att. c.p.c., prevedendo che a nessuno dei professionisti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al dieci per cento di quelli affidati dall’ufficio e dal singolo giudice, in modo tale da garantire un’ampia rotazione dei professionisti iscritti all’elenco, in modo da evitare la concentrazione degli incarichi in capo a pochi professionisti.

L’attività del professionista delegato (art. 591-bisc.p.c.)

Al professionista delegato spetta il compito di esperire tempestivamente almeno tre tentativi di vendita l’anno, con eventuali ribassi predeterminati nell’ordinanza di conferimento della delega, entro il limite di un quarto del valore dell’immobile, ai sensi dell’art. 591, c. 2, c.p.c.; al giudice dell’esecuzione spetta di vigilare diligentemente, affinché i tempi siano rispettati e le procedure delegate di vendita siano esperite con regolarità e sollecitudine, sotto comminatoria di sostituzione del delegato, previa audizione delle ragioni del ritardo. Il quale professionista delegato, ove contesti il provvedimento di sostituzione, potrà chiederne sommessamente la revoca allo stesso giudice dell’esecuzione, le cui ordinanze sono sempre modificabili e revocabili finché non abbiano avuto esecuzione ai sensi dell’art. 487 c.p.c., e potrà spingersi sino a interporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, c. 2, c.p.c. entro venti giorni dalla conoscenza legale del provvedimento: ma in questo caso, come è evidente, si alienerà comunque le simpatie di chi ebbe a nominarlo, scegliendolo dall’elenco dei professionisti di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c., subendo un probabile ostracismo.

Basti poi ricordare che, quando l’immobile resta invenduto e non vi sono domande di assegnazione, il giudice dell’esecuzione (recte, il professionista delegato, sulla scorta dell’ordinanza di vendita che, già lo preveda) fissa una nuova vendita, sempre con procedura senza incanto, stabilendo eventualmente diverse condizioni e diverse forme di pubblicità, per un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà del valore dell’immobile, quale stimato con la perizia. Vi sarà, ovviamente, un nuovo termine (che la legge indica in misura non inferiore a 60 gg e non superiore a 90) entro il quale possono essere formulate le offerte d’acquisto (cfr. l’art. 591, comma 2, c.p.c.).

L’incanto potrà essere disposto soltanto qualora il giudice dell’esecuzione ritenga che la vendita con tale modalità possa aver luogo a un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, quale determinato nella perizia (art. 591, c. 1, ult. parte, c.p.c.): cioè, in pratica, mai.

Se anche dopo il quarto esperimento di vendita, con prezzo ridotto sino al limite della metà del valore di perizia, l’immobile resta invenduto, il giudice dell’esecuzione, previa audizione delle parti, potrà chiudere la procedura per infruttuosità, a norma dell’art. 164-bis disp. att. c.p.c. Misura questa che andrà adottata cum grano salis, quando risulti che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo. Le ingenti spese della procedura esecutiva immobiliare resterebbero, in caso di chiusura anticipata, a carico dei creditori che le hanno anticipate, i quali non solo non ottengono soddisfazione dei loro crediti, ma subirebbero in tal modo un pregiudizio assai grave. Perciò, la chiusura anticipata per infruttuosità presuppone l’estrema esiguità del realizzo, da stimare non soltanto in termini relativi, avendo riguardo alla percentuale del credito soddisfatto rispetto a quello azionato, ma anche in termini assoluti, avuto riguardo all’importo in concreto recuperabile, quantomeno a copertura delle spese affrontate per l’espropriazione.

Dunque che il d.lgs. 149/2022 ha interamente riscritto l’art. 591-bis c.p.c., ponendo soprattutto l’accento sulla necessità che il giudice dell’esecuzione, nell’ordinanza con cui dispone la vendita, fissi il termine finale per il completamento delle operazioni delegate al professionista, chiamato a svolgere entro un anno dall’emanazione dell’ordinanza un numero di esperimenti di vendita non inferiore a tre.

Segue nel terzo comma dell’art. 591-bis c.p.c. il lungo elenco delle attività demandate al professionista, sulle cui attività e sul cui operato vigila il giudice dell’esecuzione, con il potere di chiedere in ogni momento informazioni sulle operazioni di vendita e di sostituirlo, dopo averlo sentito, qualora non siano rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni di vendita, salvo che il professionista delegato dimostri che il mancato rispetto della delega sia dipeso da causa a lui non imputabile (art. 591-bis, c. 11, c.p.c.). A tale funzione di vigilanza del giudice dell’esecuzione rispondono i rapporti riepilogativi telematici, previsti ora, in gran messe e ad ogni passaggio, dal già ricordato ultimo comma dell’art. 591-bis c.p.c., che riproduce la norma dianzi dispersa nel comma 9-septies dell’art. 16-bis d.l. 179/2012 sul processo civile telematico.

Il controllo sugli atti del professionista delegato o dell’ufficiale incaricato della vendita forzata (artt. 534-tere 591-ter c.p.c., art. 168 disp. att. c.p.c.)

Il nuovo sistema introdotto da d.lgs 149/2022  prefigura un meccanismo di progressiva stabilizzazione degli atti del delegato alla vendita (e di sanatoria dei vizi del relativo subprocedimento) che si forma prima dell’emissione del decreto di trasferimento: l’atto si stabilizza se non è impugnato nei venti giorni successivi alla sua conoscenza e, in caso di impugnazione, il meccanismo di stabilizzazione è quello generale dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. (ripristinando il rimedio analogo a quello previsto dalla disciplina anteriore alla riforma del 2015) e, quindi, al successivo controllo della Corte di Cassazione. Nella traduzione in articolato, per dissipare eventuali dubbi interpretativi, si è precisato che le modifiche interessano – seguendo pedissequamente la legge delega – il reclamo proposto da parti ed interessati avverso l’atto del professionista (e non già il reclamo motu proprio da questi sollevato al giudice dell’esecuzione, in quanto originato non da questioni di diritto bensì da mere difficoltà materiali), che il termine per il reclamo (venti giorni dal compimento dell’atto o dalla sua conoscenza) ha natura perentoria. Oltre all’art. 591-ter c.p.c. in tema di espropriazione immobiliare (cui testualmente era riferita la legge delega), ragioni di coerenza sistematica hanno imposto di novellare nello stesso senso anche i corrispondenti e speculari istituti concernenti l’espropriazione mobiliare: il reclamo avverso gli atti del professionista delegato o del commissionario (art. 534-ter c.p.c.) ed il reclamo contro l’operato dell’ufficiale incaricato della vendita (art. 168 disp. att. c.p.c.)».

Approvazione anche tacita del progetto distributivo e pagamenti demandati al professionista delegato (artt. 591-bis, 596, 597 e 598 c.p.c.)

Ai sensi dei novellati artt. 596, 597 e 598 c.p.c., il professionista delegato, entro 30 gg dal versamento del prezzo, provvede, secondo le direttive impartite dal giudice dell’esecuzione, alla formazione di un progetto di distribuzione, anche parziale (in tal caso, nei limiti del novanta per cento delle somme da ripartire), contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo trasmette al giudice dell’esecuzione mediante deposito nel fascicolo telematico. Entro dieci giorni dal suo deposito il giudice dell’esecuzione esamina il progetto di distribuzione e, apportate le eventuali variazioni, lo deposita a propria volta nel fascicolo telematico della procedura, perché possa essere consultato dalle parti, e ne dispone la comunicazione al professionista delegato, il quale fissa innanzi a sé, entro trenta giorni, l’audizione delle parti per la discussione sul progetto di distribuzione, con un preavviso di almeno dieci giorni. Resta ferma la possibilità di distribuire le somme anche a creditori che abbiano diritto al solo accantonamento o i cui crediti siano contestati, a fronte del deposito di fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione.

La mancata comparizione della parte equivale a tacita approvazione del progetto. Se il progetto è approvato o si raggiunge l’accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il professionista delegato ordina il pagamento agli aventi diritto delle singole quote entro sette giorni. Se vengono sollevate contestazioni innanzi al professionista delegato, questi ne dà conto nel processo verbale e rimette gli atti al giudice dell’esecuzione, il quale provvede a risolvere la controversia distributiva ai sensi dell’art. 512 c.p.c., con ordinanza soggetta al consueto rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, c. 2, c.p.c., sospendendo in tutto o in parte la distribuzione, con ordinanza soggetta a reclamo al collegio, a norma degli artt. 624 e 669-terdecies c.p.c.

Questa ulteriore attività ‘privatizzata’ ed ‘esternalizzata’ al delegato, ivi inclusi i pagamenti da effettuare ai creditori ad istanza di un curatore fallimentare, dovrà essere controllata e verificata dal giudice dell’esecuzione con occhio assai vigile.

Limiti temporali alle misure coercitive, revisione dei criterî di quantificazione e conferimento del potere di disporle anche al giudice dell’esecuzione (art. 614-bisc.p.c.)

Il legislatore italiano, nell’art. 614-bis c.p.c., ha adottato come generale il modello delle misure coercitive civili mediante pagamento di somme di denaro a favore del creditore, quantificate unilateralmente dal creditore, salvo contestazione del debitore mediante opposizione a precetto o all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Per rafforzare l’efficacia esecutiva dei provvedimenti di condanna l’art. 614-bis c.p.c., ha esteso le misure coercitive a tutti i provvedimenti di condanna a prestazioni diverse dal pagamento di somme di denaro, indipendentemente dal carattere fungibile o infungibile di tali prestazioni. Perciò, quando le misure coercitive assistono prestazioni fungibili (di consegna di beni mobili, di rilascio di beni immobili, di fare fungibile o di distruggere), il creditore può procedere sia con l’esecuzione diretta (in forma specifica, a seconda dell’utilità perseguita), sia con la c.d. esecuzione indiretta, esigendo la somma di denaro complessivamente dovuta per i giorni di ritardo del debitore nell’adempiere alla prestazione (fungibile) cui è stato condannato in via principale.

Le misure coercitive sono autorizzate dal giudice della cognizione o della cautela, su istanza di parte, nello stesso provvedimento di condanna, salvo che ciò non risulti manifestamente iniquo, ad es. per la natura strettamente personale della prestazione principale dovuta dall’obbligato (si pensi a una prestazione artistica o di ricerca scientifica o di scrittura di un libro o di un articolo, ecc.).

Stranamente, le misure coercitive non si applicano nel campo dei rapporti di lavoro, privato e pubblico, subordinato e parasubordinato di cui all’art. 409 c.p.c. Scelta questa che appare del tutto irragionevole e affetta da evidente incostituzionalità, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., avuto riguardo ai principii di ragionevolezza e di effettività delle tutele. Un’esclusione tanto più paradossale alla luce del dibattito che a suo tempo sorse intorno all’obbligo, parzialmente infungibile, del datore di lavoro di reintegrare nel posto e nelle mansioni il lavoratore illegittimamente licenziato, nel cui contesto si propose di rinvenire nell’ordinamento o, comunque, di introdurre misure coercitive affinché tale obbligo fosse integralmente e puntualmente adempiuto.

La misura coercitiva è stabilita nel suo ammontare discrezionalmente dal giudice della cognizione o della cautela, tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile, senza alcuna predeterminazione legislativa di un massimo edittale, suscitando per questo dubbi di legittimità costituzionale. Il problema si è posto anche per la condanna al risarcimento dei ‘danni punitivi’ per abuso del processo, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che parimenti non predetermina l’entità della sanzione: tuttavia, la Corte costituzionale ha ritenuto che ciò non violasse l’art. 23 Cost. sul divieto di imporre prestazioni personali o patrimoniali, può essere imposta se non in base alla legge..

La previsione di cui al secondo comma del testo attualmente vigente è stata integrata con il richiamo al vantaggio che l’obbligato trae dall’inadempimento. È infatti pacifico che l’esecuzione indiretta ha la finalità di indurre l’obbligato all’adempimento volontario, in quanto l’inadempimento produce nella sua sfera giuridica conseguenze negative superiori ai vantaggi che egli trae dall’inadempimento. Pertanto, la misura coercitiva, per poter essere effettiva, deve essere commisurata principalmente a questo parametro. Il danno che l’inadempimento produce nella sfera giuridica dell’avente diritto assume invece un ruolo secondario, posto che l’esecuzione indiretta si aggiunge al – e non sostituisce il – risarcimento del danno prodotto dall’inadempimento.

Non è stato possibile determinare l’entità massima della sanzione pecuniaria, in quanto tale quantificazione esorbita da valutazioni di natura giuridica, investendo essenzialmente profili di politica legislativa. […]

Un ulteriore intervento concerne la durata massima della misura coercitiva: il giudice di fissare un termine di durata della misura.

Tale previsione ha rilevanza nei casi di inadempimento di un obbligo avente come contenuto una prestazione, mentre non ha rilievo ove si tratti di un obbligo di astensione. In quest’ultimo caso, poiché la sanzione diviene operativa solo ove sia tenuto un comportamento contrario all’obbligo di astensione, non vi è necessità di assicurare che l’entità della somma da corrispondere non divenga esorbitante.

Es.: se ad un soggetto è fatto divieto, sotto comminatoria di una sanzione pecuniaria, di chiudere a chiave un cancello o di suonare la tromba dopo le 23, non ha senso prevedere un termine massimo di durata della misura esecutiva. In caso, invece, di obblighi positivi, può essere opportuno porre un limite massimo alla durata della misura coercitiva, e così alla somma complessiva che divenga dovuta. Non è infatti possibile che essa divenga perpetua. Es.: se ad un soggetto è prescritto, sotto comminatoria di una sanzione pecuniaria pari a X euro per ogni giorno di ritardo, di consegnare un certo bene, non è concepibile che la sanzione pecuniaria assuma entità stratosferiche.

La seconda previsione della legge delega è volta a porre rimedio ad una lacuna della normativa vigente che attribuisce al solo giudice, che pronuncia la condanna, il potere di concedere la misura coercitiva: ciò che produce l’inconveniente di penalizzare i titoli esecutivi diversi dalle sentenze di condanna, che pure la recente legislazione ha equiparato ai titoli esecutivi giudiziali – si pensi solo alla disciplina della mediazione e della negoziazione assistita – onde rendere appetibili gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Lo stesso deve dirsi per il lodo arbitrale.

In ossequio alla legge delega, che imponeva di attribuire tale potere al giudice dell’esecuzione, la norma richiama le disposizioni di cui all’esecuzione per obblighi di fare. Dopo la notificazione del precetto, l’avente diritto presenta il ricorso al giudice dell’esecuzione competente, il quale – sentite le parti – provvede a determinare la misura esecutiva.

Avverso tale provvedimento resta ovviamente proponibile l’opposizione agli atti esecutivi, mentre l’opposizione all’esecuzione può essere utilizzata nelle ipotesi di cui all’art. 615 c.p.c., anche nelle forme dell’opposizione a precetto».

In conclusione, la riforma è intervenuta, anzitutto, per porre un limite all’entità delle misure coercitive e alla loro durata, affinché non divengano strumento di ‘speculazione finanziaria’ del creditore mediante accumulazione di crediti pecuniari verso il debitore. Il giudice deve, dunque, stabilirne la decorrenza e può fissare un termine di durata della misura, tenendo conto della finalità della stessa e di ogni circostanza utile.

Oltre a ciò l’adozione delle misure coercitive viene attribuita anche al giudice dell’esecuzione, quando si tratti di titoli esecutivi che contengano prestazioni diverse dal pagamento di somme di denaro. Si tratterà, dunque, di atti pubblici per obblighi di consegna o rilascio (le scritture private autenticate valgono quali titoli esecutivi solo per crediti pecuniari), di verbali di conciliazione giudiziale o in esito a procedure di mediazione o di accordi raggiunti a seguito di negoziazione assistita da avvocati, di lodi arbitrali, purché aventi ad oggetto prestazioni diverse da quelle di pagamento di somme di denaro, alle quali sole si applicano le misure coercitive ex art. 614-bis c.p.c.

La novella consente anche di sopperire alla mancata richiesta della misura al giudice della cognizione, chiedendola ex novo al giudice dell’esecuzione.

La forma dell’istanza è quella del ricorso ai sensi dell’art. 612 c.p.c., dopo la notificazione del precetto allo stesso giudice dell’esecuzione competente per l’esecuzione in forma specifica, sì da costringere il debitore renitente ad adempiere, onde evitare maggiori esborsi.

Il quantum della misura viene determinato dal giudice (della cognizione, della cautela o dell’esecuzione nei casi previsti), tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione dovuta, del vantaggio per l’obbligato derivante dall’inadempimento, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.

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Termini dell’esecuzione immobiliare (Riforma Cartabia)

Termini dell’esecuzione immobiliare (Riforma Cartabia)

La riforma del processo civile  ha previsto rilevanti modifiche anche in tema di esecuzioni immobiliari:

15 giorni dal ritiro del pignoramento dall’Ufficiale Giudiziario → iscrizione a ruolo (art. 557 c.p.c.)

45 giorni dalla notifica del pignoramento  →  deposito istanza di vendita (art. 497c.p.c.)

45 giorni per depositare la documentazione, estratto catasto, certificati delle iscrizioni e trascrizioni dell’immobile pignorato (art. 567 c.p.c.)

Ulteriori 45 giorni prima della scadenza del termine precedente per giusti motivi per depositare la documentazione richiesta (art. 567 c.p.c.).

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Analisi dell’Opposizione a decreto ingiuntivo

Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo costituisce la seconda fase del procedimento d’ingiunzione, fase meramente eventuale, instaurata su iniziativa del c.d. “debitore ingiunto”, soggetto nei cui confronti è stato pronunciato il decreto ingiuntivo, caratterizzata da tutte le garanzie del contraddittorio.
Attraverso la proposizione dell’opposizione il c.d. debitore ingiunto instaura un giudizio a “contraddittorio differito”, che presenta presenta tutte le garanzie dell’ordinario giudizio di cognizione.
Dunque si ha l’inversione dell’onere dell’iniziativa dell’instaurazione del contraddittorio.
Dottrina e giurisprudenza prevalenti qualificano il giudizio di opposizione come un giudizio ordinario di primo grado, che si sostituisce interamente a quello svoltosi sommariamente nella prima fase (Tribunale Bologna sez. II, 07 dicembre 2017, n. 2709; Tribunale Genova, 23 gennaio 2009, n. 347).
Il meccanismo introduttivo della fase di opposizione è analogo a quello dell’impugnazione e, precisamente, del giudizio di appello, così come del resto, uguali le conseguenze dell’eventuale mancata osservanza del termine (anch’esso) perentorio previsto per la sua instaurazione e della mancata costituzione o della costituzione tardiva dell’opponente, derivandone anche qui il passaggio in giudicato del provvedimento (ossia del decreto ingiuntivo).
Senonché, una volta introdotto, il giudizio di opposizione costituisce un giudizio di primo grado che conduce ad una sentenza assoggettata alle comuni impugnazioni previste per le sentenze, a cominciare proprio dall’appello.
Quindi, come correttamente osservato in dottrina (MANDRIOLI), se ne deve desumere che il giudizio di opposizione (in questa sua prima fase, alla quale possono poi seguire le successive fasi di impugnazione) è una fase eventuale del giudizio di primo grado, la cui introduzione avviene con le forme e le modalità proprie dell’impugnazione e la cui mancata introduzione dà luogo all’immediata formazione del giudicato.
Si deve ulteriormente osservare che l’atto di opposizione non è stato configurato come l’atto introduttivo di un giudizio autonomo, bensì come una fase (eventuale) del giudizio già pendente: precisamente, il legislatore attribuisce all’eventuale introduzione della fase di opposizione la portata di una autentica riconduzione del procedimento (fino ad allora svoltosi con forme e caratteristiche “speciali”) entro i binari del processo ordinario di cognizione (MANDRIOLI).
Ciò è enunciato esplicitamente dall’art. 645, 2° comma, prima parte, c.p.c., ai sensi del quale: “In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”.
Anche la giurisprudenza suole ritenere che l’opposizione non introduce un giudizio autonomo e neppure un grado autonomo, ma costituisce solo una fase del giudizio già pendente a seguito del ricorso del creditore, che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.) e ha ad oggetto la domanda proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione (cfr. in tal senso, tra le tante: Tribunale Roma, sez. III, 03 gennaio 2013, n. 13 in Redazione Giuffrè 2013; Cass. civile, sez. III, 17 luglio 2008, n. 19680; Cass. civile, sez. III, 25 marzo 2008, n. 7821; Cass. civile, Sezioni Unite, 7 luglio 1993, n. 7448).
Dunque, l’opposizione, da una parte, non toglie automaticamente di mezzo il decreto ingiuntivo e, dall’altra parte, gli sottrae ogni efficacia diretta (fatta salva la sua eventuale provvisoria esecutorietà), cosicché le parti si ritrovano davanti al giudice (dell’opposizione) di primo grado nella stessa posizione sostanziale che avrebbero avuto se il decreto ingiuntivo non fosse mai stato pronunciato: come si dirà meglio tra breve, la pronuncia del decreto ingiuntivo inverte solo l’onere dell’instaurazione dell’effettivo
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PIGNORAMENTO IMMOBILIARE

Libro III c.p.c. (artt. 555/598 cpc).

Attraverso il pignoramento immobiliare il creditore richiede la vendita dei beni immobili del debitore, allo scopo di recuperare la somma dovuta. 

Il titolo esecutivo (sent., decreto ingiunt., ecc.) deve essere notificato al debitore insieme all’atto di precetto, con cui si intima il pagamento entro 10 giorni (art. 480 cpc).

Novità con la Riforma Cartabia.

Nomina contestuale di perito e custode e deposito della relazione informativa diventano atti della procedura espropriativa (art. 559 cpc), è prevista la redazione della perizia di stima e degli avvisi di vendita secondo modelli standardizzati. Inoltre, custode giudiziario e delegati alle vendite diventano un’unica figura professionale. Pertanto, la funzione della custodia giudiziale non è più limitata alla conservazione immobiliare, ma orientata alla futura vendita.

Una delle principali novità è la vendita diretta del bene (art. 568 bis cpc), facoltà per il debitore di chiedere al Giudice dell’esecuzione di disporre la vendita diretta dell’immobile pignorato con istanza da depositare non oltre 10 giorni prima dell’udienza di vendita, insieme all’offerta di acquisto e alla cauzione. L”udienza di vendita si svolge comunque, in modo che il Giudice possa determinare il prezzo base.

Il custode giudiziario attua l’ordine di liberazione dell’immobile pignorato, seguendo le disposizioni del giudice dell’esecuzione senza le formalità previste dagli artt. 605 e ss, non dovrà notificare in via preventiva il precetto di rilascio e il successivo preavviso di sloggio, ma può procedere allo sgombero dei beni mobili, limitandosi a rispettare le direttive impartite dal giudice nell’ordine di liberazione.

L’immobile è posto sotto l’amministrazione di un custode giudiziario nominato dal Tribunale ed il debitore non può più disporre liberamente dell’immobile, anche se continua ad abitarci fino all’avvenuto passaggio di proprietà.

Pignorato l’immobile, si pubblica il bando di vendita, con lo scopo di informare i potenziali acquirenti della vendita dell’immobile, tramite asta giudiziaria.

Il debitore, come detto, può anche presentare un’istanza per la vendita diretta dell’immobile pignorato, senza dover passare per l’asta giudiziaria e, quindi, di ricavarne una cifra maggiore.

Per ogni asta di vendita che va deserta, il Giudice dell’Esecuzione può abbattere il prezzo base d’asta fino ad un quarto (cioè del 25%).

Spesso la casa rimane invenduta. In questo caso ritorna al proprietario-debitore, che quindi non riesce a estinguere i propri debiti grazie alla somma ricavata dalla vendita della casa.

Il giudice decide solo sul pignoramento, non si occupa di reperire o individuare i beni del debitore. È il creditore che deve effettuare tutte le indagini possibili al fine di individuare con esattezza se la controparte ha case, terreni agricoli, terreni edificabili, ecc.

I creditori possono comunque decidere di avviare un nuovo pignoramento immobiliare o procedere con altre forme di pignoramento.

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RICORSO EX ART. 281 DECIES C.P.C.

RICORSO EX ART. 281 DECIES C.P.C.

Per il Sig.         ……………………………………………… nato a ………………. Il ……………….. (C.F. ………………………..), residente in ……………………………………………………. (o domicilio digitale), rappresentato e difeso dall’avv…………………………………., ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, sito in ……………………….. , giusta procura ……..

Contro

–  Il Sig. ………………………… nato a …………..il ……………………(C.F. …………………………………………), residente in …………………. (o domicilio digitale)

OGGETTO: Ricorso per

in Fatto

(Esposizione chiara e specifica dei fatti)

in Diritto

(Esposizione chiara e specifica degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda)

****

Tutto ciò premesso, considerato e ritenuto, il Sig. ………………………, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato, chiede che

VOGLIA L’ON.LE TRIBUNALE

fissare, ai sensi dell’art. 281 undecies c.p.c. comma 2, con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione dei convenuti che deve avvenire non oltre 10 giorni prima dell’udienza,

CON ESPRESSO AVVERTIMENTO CHE

–       la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c.;

–       la difesa tecnica è obbligatoria in tutti i giudizi davano al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti all’art. 86 o da leggi speciali;

–       la parte sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

–       in caso di mancata costituzione si procederà in loro legittima e dichiaranda contumacia per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

…………………………………………

In via Istruttoria

(Indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti)

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 163 n. 3bis cpc dichiara che:

la presente domanda non è soggetta a condizioni di procedibilità (O, IN ALTERNATIVA “che la presente domanda è soggetta a condizioni di procedibilità e pertanto in data ……………. è stata esperita mediazione/negoziazione come da documentazione allegata”.

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Pignoramento presso terzi 2022

La Legge 206/2021, entrata in vigore il 24/12/21, ha modificato l’art. 543 del c.p.c. aggiungendo i comma 

: «Il creditore, entro la data dell’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento, notifica al debitore e al terzo l’avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con indicazione del numero di ruolo della procedura e deposita l’avviso notificato nel fascicolo dell’esecuzione. La mancata notifica dell’avviso o il suo mancato deposito nel fascicolo dell’esecuzione determina l’inefficacia del pignoramento».
VI° : «Qualora il pignoramento sia eseguito nei confronti di più terzi, l’inefficacia si produce solo nei confronti dei terzi rispetto ai quali non e’ notificato o depositato l’avviso. In ogni caso, ove la notifica dell’avviso di cui al presente comma non sia effettuata, gli obblighi del debitore e del terzo cessano alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento».

Dunque, un ulteriore obbligo a carico del creditore procedente, oltre a quello di cui all’art. 543 co IV (limite temporale di iscrizione a ruolo di 30 gg dal ritiro dell’atto di pignoramento dagli U.G., previsto a pena di inefficacia ex art. 164 disp. att. c.p.c.)

Ciò  serve a liberare i crediti pignorati (accelerando la declaratoria automatica di inefficacia del pignoramento), se entro la data dell’udienza di citazione indicata nell’atto non viene notificato a debitore e terzi, avviso di iscrizione a ruolo con indicazione del numero di RGE.

L’istanza deve essere depositata telematicamente nel fascicolo di causa, insieme alla prova di notifica a debitore e terzi che si intendono vincolare.

TRIBUNALE DI ____________

Sezione Esecuzioni Mobiliari – R.G.E. ___/___

AVVISO ISCRIZIONE A RUOLO PIGNORAMENTO PRESSO TERZI

ex art. 543, comma 5, c.p.c.

Per la società ____, in persona del legale rappr.te p.t., sig. _______, con sede in ________ alla via __________ n. __, P.IVA _________, rappresentata e difesa dall’avv. ______________ c.f. __________________, presso lo studio del quale in _________ alla via ________________, ha eletto domicilio giusta procura in calce all’atto di precetto notificato in data _____________

CONTRO

_______________, nata a _______ il ________ c.f. ____________________, residente in ________ (__) alla via _________ n.__,

NONCHE’ CONTRO

__________________ , in p.l.r.p.t con sede legale in ______________ alla Via/Piazza ____________ n.__, PIVA _______________

P r e m e s s o

– che a seguito della notifica dell’atto di pignoramento presso terzi n. ____/__, avvenuta in data ______ (per la debitrice) e nei giorni ____/__ (ricezione plico postale racc. a/r per il terzo __________________), il terzo pignorato ha reso dichiarazione ex art. 547 cpc parzialmente positiva;

– che pertanto v’è interesse all’iscrizione a ruolo della procedura espropriativa, in effetti iscritta in data __________;

– per tutto quanto sopra premesso, il creditore procedente come in epigrafe rappresentato, difeso e domiciliato, ai sensi dell’art. 543, comma 5, c.p.c.,

avvisa

il debitore esecutato sig.ra ________________ ed il terzo pignorato ___________________, in p.l.r.p.t che il pignoramento presso terzi cron. ____/__ è stato iscritto a ruolo in data __/__ presso il Tribunale di _________, rubricato al n. ____/__ di R.G.E. e assegnato al Giudice dell’Esecuzione dott. _________, il quale ha fissato l’udienza di comparizione alla data del __/__/__ ore __,__.

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Separazione consensuale, come cambia dopo la Riforma Cartabia

Tra le modifiche apportate dalla Riforma Cartabia al Codice di procedura civile, vi sono anche alcuni aspetti procedurali della separazione consensuale.

Tale tipo di separazione fino al 27 febbraio 2023 era disciplinata dall’art. 706 e seg. c.p.c., dal 28 febbraio la separazione consensuale – assieme ai procedimenti a domanda congiunta – sarà disciplinata dall’art. 473 bis.51 , inserito nel Libro II, Titolo IV-bis, Capo III, Sezione II del c.p.c., che disciplina le nuove norme del procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie.

Se ancor oggi, La domanda di separazione personale dei coniugi dal 28 febbraio, si propone con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’una o dell’altra parte (mentre prima si proponeva al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio).

Dal 28 febbraio 2023 il ricorso dovrà essere sottoscritto anche dalle parti e dovrà contenere:

– il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la residenza o il domicilio o la dimora e il codice fiscale dell’attore e del convenuto, nonché dei figli comuni delle parti se minorenni, maggiorenni economicamente non autosufficienti o portatori di handicap grave, e degli altri soggetti ai quali le domande o il procedimento si riferiscono;

– il nome, il cognome e il codice fiscale del procuratore, unitamente all’indicazione della procura;

– la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonderà, con le relative conclusioni;

– dovrà altresì indicare l’esistenza di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande ad esse connesse. Al ricorso dovrà essere allegata copia di eventuali provvedimenti, anche provvisori, già adottati in tali procedimenti.

– Nel ricorso dovranno essere, tra l’altro, fornite indicazioni relative alle disponibilità reddituali e patrimoniali dell’ultimo triennio e degli oneri a carico delle parti, nonché le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici.

Con il ricorso le parti potranno anche regolamentare, in tutto o in parte, i loro rapporti patrimoniali.

Le parti potranno avvalersi della facoltà di sostituire l’udienza con il deposito di note scritte, ma dovranno farne richiesta nel ricorso, dichiarando di non volersi riconciliare e depositando eventuali documenti relativi agli accertamenti svolti e alle informazioni assunte, nonché saranno tenuti a depositare eventuali provvedimenti relativi al minore emessi dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità.

A seguito del deposito, il presidente fisserà l’udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice relatore e disporrà la trasmissione degli atti al pubblico ministero, il quale esprimerà il proprio parere entro tre giorni prima della data dell’udienza.

All’udienza il giudice sentirà le parti e preso atto della loro volontà di non riconciliarsi, rimette la causa in decisione. Il giudice potrà sempre chiedere i chiarimenti necessari e invitare le parti a depositare la documentazione riguardante:

  1. le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
  2. la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali;
  3. gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni

Il collegio provvederà con Sentenza con la quale omologa o prende atto degli accordi intervenuti tra le parti.

Se gli accordi dovessero essere in contrasto con gli interessi dei figli, convocherà le parti indicando loro le modificazioni da adottare, e, in caso di inidonea soluzione, rigetterà allo stato la domanda.

Una volta ottenuta la sentenza di separazione, il divorzio potrà essere richiesto dopo sei mesi, che decorrono dalla comparsa dei coniugi dinanzi al giudice relatore (finora era il Presidente del Tribunale) – o dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione assistita da avvocati, oppure dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso dinanzi all’ufficiale dello stato civile.

Il nuovo articolo 473 bis.49 c.p.c. prevede che negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti potranno proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Tali domande, però, saranno improcedibili fino a quando la sentenza che pronuncia la separazione personale non sarà passata in giudicato.

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Come cambia il processo civile dopo il d.lgs 10 ottobre 2022, n. 149 c.d. Riforma Cartabia

Dal 1° gennaio 2023, anche per i procedimenti civili già pendenti davanti al Tribunale, alla Corte d’Appello e alla Corte di cassazione, il giudice può disporre che l’udienza si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza o sia sostituita dal deposito di note scritte.

Tale possibilità viene meno quando bisogna escutere testimoni o quando all’udienza si renda necessaria la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pm e dagli ausiliari del giudice (artt. 127, c. 3, 127 -bis, 127-ter e 193, c. 2, c.p.c., nonché art. 196-duodecies delle disp. att. cpc).

Sempre dal 1° gennaio 2023 entrano in vigore le disposizioni recanti la modifica della disciplina del ricorso per cassazione, che trovano applicazione ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023. Tuttavia, gli artt. 372, 375, 376, 377, 378, 380, 380-bis, 380-bis-1, 380-ter, 390 e 391-bis c.p.c. si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali NON è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.

Inoltre il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore anche la disposizione recante il rinvio pregiudiziale (art. 363-bis cpc), che si applica anche ai giudizi di merito pendenti alla data del 1° gennaio 2023.

La regola generale,  resta quella per cui la Riforma civile Cartabia entrerà in vigore a partire dal 28 febbraio 2023.

Modifiche in tema di notificazioni

Obbligo della notifica a mezzo PEC qualora il destinatario sia un soggetto obbligato a munirsi di un indirizzo PEC risultante da pubblici elenchi, ovvero abbia eletto domicilio digitale a norma del d.lgs. n. 82/2005.

All’art. 147 c.p.c. sono stati aggiunti due nuovi commi, che prevedono che le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato possono essere eseguite senza limiti orari e che si perfezionano in momenti diversi per il notificante e per il destinatario.

Giudizio di primo grado: modifiche al procedimento di cognizione davanti al tribunale e nuovo rito semplificato

L’atto di citazione oltre a dover essere chiaro, specifico e sintetico, in virtù dei principi generali di chiarezza e sinteticità introdotti dal legislatore della riforma per tutti gli atti processuali (art. 121 c.p.c. e art. 46 delle disp. att. c.p.c.), deve contenere due nuove formule.

La prima, ricorre solo nel caso in cui la domanda è sottoposta a condizione di procedibilità: nell’atto di citazione bisogna dare atto che la domanda è soggetta ad una specifica condizione di procedibilità e che tale condizione è stata soddisfatta, allegando, il verbale negativo di conciliazione.

La seconda formula invece deve essere inserita nella parte dell’atto di citazione dedicata alla vocatio in ius: un nuovo avvertimento che l’attore deve fare al convenuto e cioè che “la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall’articolo 86 o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza di parte”.

Nella redazione dell’atto di citazione occorre poi prestare attenzione ai nuovi termini processuali.

Rimodulato il termine che deve intercorrere tra il giorno della notifica dell’atto citazione e quello dell’udienza di prima comparizione, allungandolo ad almeno 120 giorni liberi.

Modificato anche il termine previsto per la costituzione del convenuto: 70 giorni prima dell’udienza indicata nell’atto di citazione.

Il legislatore della riforma ha poi modificato lo svolgimento della prima udienza al fine di raggiungere l’obiettivo concordato in sede europea di durata ragionevole del processo:

infatti, prima dell’udienza di comparizione ex art. 183 c.p.c., le parti dovranno depositare le c.d. memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c. che, nella sostanza, coincidono con le attuali memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.

A pena di decadenza, le memorie integrative devono essere depositate nei seguenti termini:

la prima memoria, almeno 40 giorni prima dalla data dell’udienza di comparizione;

la seconda memoria, almeno 20 giorni prima dalla dell’udienza di comparizione;

infine la terza, almeno 10 giorni prima dalla data dell’udienza di comparizione.

L’udienza di prima comparizione (art. 183 c.p.c.) ha un nuovo volto:

le parti devono comparire personalmente; la mancata comparizione, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai sensi dell’art. 116, c. 2, c.p.c.

Nella prima udienza di comparizione il giudice deve interrogare liberamente le parti, chiedere i chiarimenti necessari sulla base dei fatti allegati e procedere con il tentativo obbligatorio di conciliazione. Qualora il tentativo di conciliazione dia esito negativo, il giudice, nella stessa udienza, può provvedere sulle istanze istruttorie, oppure può riservarsi ed emettere successiva ordinanza.

All’esito dell’udienza di comparizione, se è stata raggiunta la prova dei fatti costitutivi della domanda e quando le difese del convenuto risultano manifestamente infondate, il giudice può, adottare, previa istanza di parte, ordinanza di accoglimento della domanda (art. 183-ter c.p.c.). Allo stesso modo, se, all’esito della prima udienza di comparizione, la domanda dell’attore sia manifestamente infondata o quando non è stata sanata la nullità dell’atto di citazione, il giudice può, su istanza di parte, adottare ordinanza di rigetto della domanda (art. 183-quater c.p.c.).

Entrambe le ordinanze possono essere adottate solo su istanza di parte e nelle controversie di competenza del tribunale aventi ad oggetto diritti disponibili; mentre solo l’ordinanza di accoglimento è reclamabile ex art. 669-terdecies c.p.c.

All’udienza di trattazione il giudice, “valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria” e sentite le parti, potrebbe disporre con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del nuovo rito semplificato, che con la riforma trova una nuova collocazione nel c.p.c.

Il rito semplificato, infatti, a far data dal 28 febbraio 2023, non sarà più disciplinato dall’art. 702-bis ma dagli artt. 281-decies c.p.c. e ss. in forza dei quali il ricorso a tale rito alternativo è possibile sia “quando i fatti di causa non sono controversi”, sia quando “la domanda è fondata su prova documentale o è di pronta soluzione o richiede un’’istruzione non complessa”.

In mancanza di tali circostanze, all’esito della prima udienza di comparizione, il giudice fissa l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova.

Esaurita l’istruttoria, si apre la fase decisoria.

Il giudice istruttore, ritenuta la causa matura per la decisione, fissa l’udienza, a trattazione scritta, per la rimessione in decisione (o al collegio) ed assegna alle parti tre termini perentori:

fino a 60 giorni prima dell’udienza, per il deposito di note scritte contenenti le sole precisazioni delle conclusioni;

fino a 30 giorni prima dell’udienza, per il deposito delle comparse conclusionali;

fino a 15 giorni prima dell’udienza per il deposito delle memorie di replica.

In alternativa alla trattazione scritta, due schemi: quello della trattazione mista per la quale è sempre necessaria l’istanza di parte e quello della trattazione orale.

In caso di trattazione mista, il giudice dispone lo scambio delle sole note di precisazione delle conclusioni e delle comparse conclusionali. Viene meno, quindi, lo scambio delle memorie di replica.

In caso di trattazione scritta, occorre distinguere tra le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica e le cause di competenza del tribunale in composizione collegiale.

Per le prime, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni e fissa l’udienza per la discussione orale della causa. Per le seconde, invece, il giudice istruttore assegna un termine per il deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine per il deposito di note conclusionali.

Modifiche per i procedimenti davanti al giudice di pace

E’ stata elevata la soglia per le cause relative a beni mobili fino a € 10.000 euro e per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti fino a € 25.000.

La novità significativa è che, per tale giudizio, verranno applicate le forme del procedimento semplificato di cognizione: la domanda deve essere proposta con ricorso, e non più con atto di citazione.

Alla prima udienza, fermo restando l’obbligo di procedere al tentativo di conciliazione, il giudice di pace deve osservare il disposto dell’art. 281 duodecies c.p.c., che prevede che si proceda all’istruttoria necessaria o si mandi la causa in decisione.

Il modello decisorio è identico a quello previsto per la decisione a seguito di discussione orale dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

Anche per il giudice di pace troveranno applicazione le disposizioni sul processo civile telematico che però entreranno in vigore per i procedimenti instaurati successivamente al 30 giugno 2023.

Modifiche introdotte ai procedimenti davanti alla Corte d’Appello

La riforma interviene a modificare anche il giudizio di appello, al fine di assicurarne una maggiore celerità e semplificazione, eliminando strumenti processuali che non hanno dato un buon risultato nel corso del tempo. Le novità più rilevanti riguardano la eliminazione del filtro previsto dall’art. 348 bis c.p.c. e l’inserimento di un filtro di diverso tipo: la discussione orale della causa ai sensi dell’art. 350-bis c.p.c.

È stato poi attribuito un nuovo ruolo al consigliere istruttore al quale viene demandato l’espletamento di tutti gli incombenti antecedenti la fase decisoria. Il modello è analogo a quello del rito dinanzi al tribunale in composizione collegiale, in cui è riservata al collegio solo la fase decisoria in senso stretto, mentre tutte le altre fasi processuali sono trattate dinanzi al giudice istruttore.

Infine, sono state limitate le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice ai soli casi di violazione del contraddittorio.

Anche il contenuto dell’atto di appello è stato modificato (artt. 342 e 434 c.p.c.). Per le impugnazioni successive al 28 febbraio 2023 l’appello deve essere motivato e per ciascuno dei motivi deve indicare a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico:

1) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato;

2) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;

3) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

Diversamente dal giudizio di I grado non cambia il termine minimo che deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello della prima udienza: tra la notifica dell’atto di appello e il giorno dell’udienza devono intercorrere termini liberi non minori di 90 giorni se residente in Italia o di 150 giorni se residenti all’estero.

Per quanto riguarda la costituzione del convenuto, l’art. 343 c.p.c. dispone che la comparsa di risposta dell’appellato, che a pena di decadenza deve contenere l’appello incidentale, deve essere depositata entro 20 giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione in appello.

Modifiche ai procedimenti davanti alla Corte di Cassazione

Per quanto concerne il giudizio di cassazione, si prevedeve la riforma del c.d. filtro in Cassazione, con la previsione di un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. In particolare, se il giudice (giudice filtro, in luogo della sezione filtro) ravvisa uno dei possibili suddetti esiti, lo comunica alle parti lasciando loro la possibilità di optare per la richiesta di una camera di consiglio ovvero per la rinuncia al ricorso.

Per quanto riguarda il contenuto del ricorso, deve contenere la chiara ed essenziale esposizione dei fatti della causa e la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione e che ciascun motivo deve fare riferimento al documento ad esso inerente e che il contenuto di tale documento deve essere richiamato nel motivo, ai fini della sua comprensibilità (art. 366 c.p.c.)

Quanto alla fase della trattazione del ricorso per cassazione, il legislatore della riforma ha riservato la trattazione dei ricorsi alla pubblica udienza, “quando la questione di diritto è di particolare rilevanza”.

Infine, con il nuovo art. 391 quater c.p.c. il legislatore della riforma ha previsto la possibilità di impugnare per revocazione le decisioni passate in giudicato, il cui contenuto sia stato dichiarato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo contrario alla Convenzione ovvero ad uno dei suoi Protocolli.

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ATTO DI CITAZIONE (Riforma Cartabia proc, instaurati dopo il 28.02.2023)

TRIBUNALE DI ….

ATTO DI CITAZIONE

Il Sig.  [Attore], nato a … il ….C.F. […..], residente/con sede in […],  con domicilio elettivo in […], presso lo studio dell’avv. […]  (C.F. [.…], fax […]) dal quale è rappresentato/a e difeso/a come da procura rilasciata in calce al presente atto

CITA

Il Sig. [Convenuto] [eventualmente: “in persona di.…”], residente/con sede in […], C.F. [….], a comparire dinanzi al [….], sezione ed istruttore designandi, il ….. [N.B. IL TERMINE PER COMPARIRE NON PUO’ ESSERE INFERIORE A 120 GIORNI], ore di rito, con invito a costituirsi nel termine di settanta giorni prima dell’udienza indicata e con espresso avvertimento che la tardiva costituzione implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c, che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall’articolo 86 o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per ivi sentir accogliere le conclusioni nel prosieguo rassegnate.

 

OGGETTO DELLA DOMANDA

…………………………………..

 

(EVENTUALE) DICHIARAZIONE EX ART. 163, CO. 2, N. 3-BIS

Parte attrice dichiara che la domanda proposta con il presente atto è soggetta alla condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 del Decreto legislativo, 04/03/2010 n. 28 (ovvero dall’art. 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132) e che tale condizione è stata soddisfatta in quanto l’attore ha presentato Istanza di Mediazione […], come risulta dal verbale negativo allegato (doc. n.) del … .

 

FATTO

[… esporre in modo chiaro e specifico i fatti costituenti le ragioni della domanda]

 

RAGIONI DI DIRITTO

[… esporre in modo chiaro e specifico gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda]

 

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:

in via principale: ………….

Con riserva di ulteriori domande ed eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto e chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo se l’esigenza sorge dalle difese del convenuto, nonche’ in ogni caso precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni gia’ formulate e, a pena di decadenza, indicare i nuovi mezzi di prova e produzioni documentali.

Ai sensi della L. n. 488/99 si dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad euro ……… e l’importo del contributo unificato da versare all’atto di iscrizione a ruolo ammonta ad euro ………

………………….

MEZZI DI PROVA

Prove documentali

Prove costituende

[Luogo e data]

 

Avv. […]

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INTIMAZIONE MEDIANTE UFFICIALE GIUDIZIARIO

 

GDP o TRIBUNALE DI ____________________

DOTT./DOTT.SSA ___________________ R.G. ___/__

INTIMAZIONE TESTI ud. __/__/__ ore

A richiesta dell’Avv. ______________ (cf ___________________) (Telefono __________ – Fax ______________ – pec ______________@________.it), con studio in _______ (__), via ______ n.__, difensore di ______________ nato/a a ____________ (__) il __/__/__ (c.f. ________________),  in conformità del provvedimento di ammissione della prova testimoniale in data 16/01/2014, io sottoscritto Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Unico Notifiche c/o del Tribunale di ____________

HO INTIMATO

–         al _____________________________________________________

A COMPARIRE

dinanzi al _________________di _________________ Dott./Dott.ssa _____________, all’udienza del __/__/20__ ore __:__ , per essere sentito, come testimone, nella causa civile avente N. R.G. ___/__ vertente tra _______________________ (attore); ________________ (convenuto).

Con l’avvertimento che non comparendo senza giustificato motivo potranno incorrere nelle penalità previste dall’art. 255 c.p.c. ed essere condannati al pagamento di una pena pecuniaria non inferiore a € 100,00 e non superiore a € 1.000,00. Nel caso in cui vi sia impossibilità da parte dei testi a comparire all’udienza per grave impedimento questi dovranno provvedere ad inviare allo Studio legale dell’Avv._______________ (Telefono _______________ – Fax ______________ – pec ____________@__________.it), quanto prima possibile, comunicazione con la quale si attesti l’impossibilità a presenziare all’indicata udienza nonché idonea documentazione comprovante il dichiarato impedimento, al fine di richiedere al Giudice la fissazione di una nuova data di udienza per assumere la deposizione dello stesso teste.

________ lì, __/__/__

Ufficiale Giudiziario

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intimazione testi tramite racc.ta A/R

GDP o TRIBUNALE DI __________________________

DOTT./DOTT.SSA _____________________R.G. ____/__

INTIMAZIONE TESTI udienza __/__/20__

Il sottoscritto Avv. _____________ (CF_______________) (Telefono ___________ – Fax ___________ – pec _____________@_____.it), con studio in ______ (__), via _______ n.__, difensore del/della Sig./ra _______________ nato/a a ____________ (__) il __/__/__ (CF __________________), 

a norma del comma 3 dell’art. 250 c.p.c., a mezzo raccomandata

INTIMA

–         al/alla Sig./ra __________________, residente in _______________, via ____________ cap_____

A COMPARIRE

dinanzi al _________________di _________________ Dott./ssa _____________, all’udienza del __/__/__ ore __:__ , per essere sentito, come testimone, nella causa civile avente N. R.G. ___/__ vertente tra _______________________ (attore); ________________ (convenuto). Con l’avvertimento che non comparendo senza giustificato motivo potranno incorrere nelle penalità previste dall’art. 255 c.p.c. ed essere condannati al pagamento di una pena pecuniaria non inferiore a € 100,00 e non superiore a € 1.000,00. Nel caso in cui vi sia impossibilità da parte dei testi a comparire all’udienza per grave impedimento questi dovranno provvedere ad inviare allo Studio legale dell’Avv._______________ (Telefono ___________ – Fax _______________ – pec _____________@__________.it), quanto prima possibile, comunicazione con la quale si attesti l’impossibilità a presenziare all’indicata udienza nonché idonea documentazione comprovante il dichiarato impedimento, al fine di richiedere al Giudice la fissazione di una nuova data di udienza per assumere la deposizione dello stesso teste.

________ lì, __/__/20__

Avv. ______________

 

Attestazione 

Io sottoscritto Avv. ___________, procuratore costituito del/della Sig./ra ______________ (convenuto o attore) nella causa _____________ c/ _____________ pendente presso ________________ iscritta al ruolo generale n. ___________/_______, a norma del comma 4 dell’articolo 250 c.p.c. attesto che la su estesa copia dell’atto d’intimazione al teste Sig./ra ______________ è conforme all’originale inviatogli con mia raccomandata del ___________ n. ___________ – _______ al medesimo recapitata in data _______________ come da avviso di ricevimento che deposito unitamente a tale copia conforme. _______lì, __/__/______

Avv. ______________

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Lo Sudio Legale Bevacqua è abilitato alla redazione e trasmissione di domande di successione

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Notifica delle cartelle a mezzo PEC: inesistente

Le notifiche degli atti tributari a mezzo PEC che l’agente della riscossione effettua mediante indirizzi PEC non inseriti nei pubblici registri (INIPEC, IPA e REGINDE). Secondo un filone di giurisprudenza di merito, a cui si aggiungono anche pronunce di legittimità, l’indirizzo del mittente deve risultare da tali elenchi pubblici. In caso contrario, la notifica è inesistente.

Pertanto, quando si riceve una cartella (o altro atto) via PEC: va innanzitutto effettuata una prima verifica sulla validità dell’indirizzo del mittente.

Quindi, non è sufficiente che solo la PEC del soggetto destinatario della notifica telematica sia estratto dai Pubblici Registri (in particolare il registro INI-PEC per gli per Società e REGINDE per i professionisti), ma anche l’indirizzo PEC del soggetto mittente tale PEC (Agenzia delle Entrate-Riscossione) sia quello estratto dallo specifico elenco Ministeriale (in particolare il registro IPA per gli Enti Pubblici).

 

Tra le ultime Sentenze si segnalano:

CTP Napoli n. 3120/2022

CTP Roma del 24 maggio 2022 n. 6298 (è escluso qualsiasi effetto sanante per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., perché: “utilizzando un indirizzo pec non certificato e non inserito in pubblici registri, il messaggio di posta elettronica difetta di un requisito indispensabile a tal fine, non consentendo al destinatario di essere messo in condizioni di conoscerne il contenuto, senza correre il rischio di essere attaccato da c.d. “Malware” ).

La normativa speciale che regola le notifiche PEC del Riscossore:

  • L’art. 3-bis L. 53/1994, rubricato “notificazione in modalità telematica”, al co. 1, prevede che: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.
  • A individuare i predetti pubblici elenchi è l’art. 16-ter DL n. 179/2012 (conv. in legge, con modif. dalla L. 221/2012, con decorrenza dal 19.12.2012), rubricato “pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni”, che al comma 1 così dispone: “A decorrere dal 15.12.2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli artt. 6-bis, 6-quater e 62 del dlgs. 82/2005, dall’art. 16, co. 12, del presente decreto, dall’art. 16, co. 6, del dl. 185/2008, convertito con modif. dalla L.2/2009, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”. Si tratta, in altri termini, dei registri IPA, REGINDE e INIPEC in cui devono sempre essere registrati gli indirizzi di provenienza delle notifiche.
  •  a disciplinare più nel dettaglio le notificazioni per via telematica delle p.a., è il suddetto art. 16, co. 12 del DL 179/2012 che prevede: “Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del dlgs. 165/2001, e succ. modif., comunicano al Ministero della giustizia, con le regole tecniche adottate ai sensi dell’art. 4, co. 1, del dl 193/2009, conv., con modif., dalla L. 24/2010,  l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal DPR 68/2005, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati”.
  •  L’art. 26, co. 2, dPR n. 602/1973: “La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al dPR 68/2005, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’art. 60 del dPR 600/1973”.
  • Dal quadro normativo emerge come il legislatore abbia ripetutamente sancito la necessità che l’attività di notifica avvenga solo ed esclusivamente mediante l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica (mittente e destinatario) risultanti dai pubblici elenchi: ciò al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto notificando. Ciò è ulteriormente confermato dal art. 7, co. 5, D.M. n. 1632013: “5. Per gli enti impositori, l’indirizzo di posta elettronica certificata di cui al co.1 è quello individuato dall’art.47, co. 3, del dl 82/2005, pubblicato nell’IPA”.
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La riforma del processo tributario 2022

studio legale bevacquaLa legge di riforma del processo tributario apporta sostanziali modifiche alla disciplina del processo tributario di cui al d.lgs. n. 546 31.12.1992, tra le quali: la nuova denominazione degli organi giudicanti, il giudice monocratico, la prova testimoniale, la proposta conciliativa, il reclamo-mediazione, la sospensione dell’atto impugnato, le udienze da remoto, la prova delle violazioni contestate, la definizione agevolata dei giudici tributari pendenti avanti la Corte di cassazione e la riscossione in pendenza di giudizio.

La denominazione degli organi giudicanti. Sia nel d.lgs. 545/1995, che nel d.lgs 564/1992, la denominazione “commissione tributaria” è sostituita con “corte di giustizia tributaria”. La nuova denominazione degli organi giudicanti:

Commissione tributaria provinciale diventa Corte di giustizia tributaria di primo grado
Commissione tributaria regionale diventa Corte di giustizia tributaria di secondo grado
Corte di cassazione diventa Corte di cassazione-sezione tributaria

Presso la Corte di cassazione è istituita una sezione civile incaricata di trattare in maniera esclusiva le controversie in materia tributaria. In tale ambito, il primo presidente adotta provvedimenti organizzativi finalizzati a stabilizzare gli orientamenti di legittimità e ad agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la stessa sezione.

Giudice monocratico. Il presidente della corte di giustizia tributaria di I grado assegna il ricorso al giudice monocratico ma solo nei casi previsti dall’art. 4-bis d.lgs. 546/1992.
La procedura è ammessa soltanto se:
1. la controversia è di valore non superiore a 3.000 euro (sono escluse le controversie di valore indeterminabile);
2. il valore della lite è determinato considerando l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; se la controversia ha per oggetto solo le irrogazioni delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste;
3. il valore tiene conto anche dell’imposta virtuale calcolata a seguito delle rettifiche di perdita.
Nel procedimento si osservano, in quanto applicabili e ove non derogate, le disposizioni relative ai giudizi in composizione collegiale.
Se il giudice in composizione monocratica o collegiale rileva che la controversia ad esso assegnata avrebbe dovuto essere trattata dalla corte di giustizia tributaria in altra composizione, la rimette al presidente della sezione per il rinnovo dell’assegnazione.
Non è stata recepita la norma contenuta nel disegno di legge che limitava l’impugnazione della sentenza pronunciata dal giudice monocratico. Più in particolare, il ricorso in appello poteva essere proposto “esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, nonché per violazione di norme costituzionali o di diritto dell’Unione europea, ovvero dei principi regolatori della materia. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle controversie riguardanti le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, parag. 1, lett. a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, e 20147335/UE, Euratom del Consiglio, e l’imposta sula valore aggiunto riscossa all’importazione”.
Per i giudizi instaurati con ricorso notificato dal 1° settembre 2023 la discussione in pubblica udienza, comprese quelle relative alla sospensione degli atti impugnati, si svolgono esclusivamente a distanza. Tuttavia, ciascuna delle parti può richiedere nel ricorso o nel primo atto difensivo, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all’udienza del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia provinciale.

Prova testimoniale. Riscritto il testo dell’art. 7, c. 4, che non ammetteva il giuramento e la prova testimoniale. Permane la non ammissione del giuramento. La prova testimoniale può essere ammessa se ritenuta necessaria, dalla corte di giustizia tributaria, anche senza l’accordo delle parti.
La prova va assunta secondo quanto è previsto dall’art. 257-bis c.p.c.
Qualora la pretesa fiscale sia fondata su verbali o su altri atti che fanno fede fino a querela di falso, la prova testimoniale è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle che sono attestate da pubblico ufficiale.

Prova in giudizio per l’amministrazione finanziaria. L’art. 7 c. 5-bis, primo periodo, introduce l’onere della prova a carico dell’ente impositore, il quale deve sempre provare in giudizio le violazioni che sono contestate con l’atto impugnato.
Il giudice fonda la decisone sugli elementi di prova che emergono nell’atto impositivo impugnato. Questo ultimo viene annullato se la fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziale e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive sulle quali è fondata la pretesa fiscale.

Onere della prova per i rimborsi di somme.Il contribuente deve fornire le ragioni della richiesta di rimborso del proprio credito qualora questo non sia conseguente al pagamento di somme che sono oggetto di accertamenti impugnati (art. 7, c. 5,-bis, secondo periodo).

Sese di giudizio e la proposta conciliativa. Se la parte, senza giustificato motivo, non accetta la proposta conciliativa proposta dalla controparte o dal giudice, a suo carico sono poste le spese del giudizio maggiorate del 50%, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta che ad essa è stata effettuata.
Qualora si intervenuta la conciliazione, le spese si intendono compensate, fatta eccezione per il caso in cui le parti abbiano convenuto in maniera diversa nella misura indicata nel processo verbale di conciliazione.

Reclamo-mediazione. Qualora il reclamo del contribuente sia rigettato o la proposta di mediazione formulata dall’ente impositore sia rifiutata, la soccombenza in giudizio di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta un effetto penalizzante per la parte soccombente che viene condannata al pagamento delle relative spese di giudizio (art. 17-bis, c. 9-bis). L’effetto di tale disposizione può essere rilevante ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che immotivatamente ha rigettato il reclamo o non ha accolto la proposta di mediazione.

Sospensione dell’atto impugnato. L’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione è fissata con decreto per la prima camera di consiglio “utile e comunque non oltre il 30° giorno dalla presentazione della medesima istanza e la comunicazione dell’udienza va data alle parti almeno 5 giorni prima (e non più 10 giorni) (art. 47, c. 2).
Abrogato il c. 5-bis secondo cui l’istanza doveva essere decisa entro 180 giorni dalla presentazione.
In ogni caso l’udienza di trattazione dell’istanza non può coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia.
Per i giudizi instaurati con ricorso notificato dal 1°.9.2023 (compresi quelli in secondo grado ai sensi dell’art. 52, c. 3) l’udienza pubblica di trattazione si svolge esclusivamente a distanza. Ciascuna delle parti può richiedere nel ricorso, nel primo atto difensivo o nell’appello, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta al’udienza di persona del difensore, del’ufficio e dei giudici. La richiesta va esaminata dal giudice dandone comunicazione con l’avviso di trattazione.
Dopo aver sentito le parti in camera di consiglio e deliberato il merito. Il collegio giudicante emette ordinanza non impugnabile, nella stessa udienza di trattazione. Il dispositivo dell’ordinanza deve essere immediatamente comunicato alle parti in udienza.
La sospensione dell’atto impugnato può anche essere parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, c. 2. Viene introdotto un effetto premiale a favore dei soggetti ai quali si applicano gli indici di affidabilità fiscale: la prestazione della garanzia è esclusa per i ricorrenti con “bollino di affidabilità fiscale”. Più in particolare il beneficio è riservato a chi sia stato attribuito un punteggio di affidabilità pari ad almeno nove negli ultimi tre periodi di imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso per i quali tali punteggi siano disponibili (art. 47, c. 5, ultimi due periodi).

Conciliazione giudiziale. Con il nuovo art. 48-bis.1 viene introdotta la speciale conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria che ha per oggetto le sole controversie soggette a reclamo ai sensi dell’art. 17-bis. La procedura può essere attivata formulando alle parti la proposta avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e provata soluzione.
La proposta può essere formulata in udienza o fuori udienza. In quest’ultimo caso, è comunicata alle parti. Se è formulata in udienza, è comunicata alle pari non comparse.
La causa può essere rinviata alla successiva udienza per il perfezionamento dell’accordo conciliativo. Se questo non si perfeziona avviene la trattazione della causa.
La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale ove sono indicati:
1. le somme dovute;
2. i termini e le modalità di pagamento.
Il processo verbale costituisce titolo per procedere alla riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente. La sentenza dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
La proposta di conciliazione non puo’ costituire motivo di ricusazione o di astensione del giudice.
Si applica l’art. 48-ter per la definizione e il pagamento delle somme dovute anche in forma rateale.

Sospensione della riscossione in pendenza di giudizio. Se l’istanza di sospensione dell’atto impugnato (art. 47-bis) è accolta, ciò comporta, automaticamente, la sospensione del pagamento di 1/3 delle imposte, dei contributi e dei premi corrispondenti agli imponibili che sono stati accertati ma che non sono ancora definitivi.

Udienze da remoto. Per i giudizi instaurati in I e II grado con ricorso notificato a decorrere dal 1°.9.2023 cambiano le regole per la trattazione della controversia con udienza da remoto ai sensi dell’art. 16, d.l. 119/2018.
La partecipazione all’udienza a distanza può essere richiesta dalle parti nel ricorso, nel primo atto difensivo o in apposita istanza da depositare in segreteria almeno 20 giorni prima della data di trattazione.
L’udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo tributario, altrimenti si applica la disciplina dell’art. 34 d.lgs. 546/1992.
Si svolgono esclusivamente a distanza le udienze del giudice monocratico e le camere di consiglio sulla sospensione dell’atto impugnato (art. 47, c. 3) e sulla sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata (art. 52 c. 3). Tuttavia, per comprovate ragioni, nel ricorso o nel primo atto difensivo, ciascuna delle parti può richiedere la partecipazione congiunta all’udienza del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia tributaria. Il giudice decide sulla richiesta dandone comunicazione alle parti con l’avviso di trattazione dell’istanza.
In ogni caso, se l’udienza si tiene a distanza, ciascun giudice può essere presente di persona.

Decorrenza delle norme. Dalla data di entrata in vigore della legge si applicano le nuove norme indicate nell’art. 4, comma 1, in materia di: prova testimoniale (lett. c); proposta conciliativa e spese processuali (lett. d); conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria (lett. g) e h).
Per i ricorsi notificati a decorrere dal 1°.1.2023 si applicano le nuove norme indicate nell’art. 4, comma 1, in materia di giudice monocratico (lett. b).

Definizione agevolata per le liti pendenti innanzi alla Corte di cassazione. Le controversie tributarie che alla data del 15.7.2022 sono pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 62 d.lgs. 546/1992, possono essere oggetto di definizione a condizione che:
1. l’ente impositore sia l’Agenzia delle entrate;
2. il valore della lite non sia superiore a 100.000 euro;
3. la domanda deve essere presentata da chi ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è
subentrato o ne ha la legittimazione;
4. il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge,
purché alla data di presentazione della domanda non sia intervenuta sentenza definitiva;
5. la controversia non deve avere per oggetto, anche solo in parte:
6. le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, parag. 1, lett. a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio;
7. l’Iva riscossa all’importazione;
8. le somme dovute a titolo dir recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del Regolam. (UE) 2015/1589 del Consiglio.
La domanda deve essere presentata entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Il perfezionamento avviene con il pagamento degli importi dovuti. Se non è dovuta alcuna somma la presentazione della domanda perfeziona la procedura. L’adesione comporta la rinuncia contestuale ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della l. 89/2001.
In ogni caso le spese del giudizio estinto sono a carico della parte che le ha anticipate.
Fermo restando l’importo esposto nel prospetto, vanno dedotte le somme versate a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, ma la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme versate in misura eccedente alla percentuale del 5% o del 20%.
Per ciascuna controversia autonoma, da intendersi relativa a ciascun atto impugnato, entro il termine di presentazione della domanda:
1. va presentata una distinta domanda di definizione, esente da bollo;
2. va effettuato un distinto versamento.

Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su eventuali pronunce giurisprudenziali che non sono passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge.
Le controversie definibili non sono sospese a meno che il contribuente presenti richiesta dichiarando di volersi avvalere della norma agevolativa. In tal caso, il processo è sospeso fino al temine concesso di presentazione dell’istanza di definizione.
Il diniego alla definizione deve essere notificato entro 30 giorni con le modalità previste per gli atti processuali. L’atto è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione entro 60 giorni. L’impugnazione del diniego vale anche come istanza di trattazione.

“Bollino di affidabilità fiscale”. L’art. 2 della legge prevede un ulteriore effetto premiale per i contribuenti cui si applicano gli ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale) di cui all’art. 9-bis d.l. 50/2017, a valere sul contenzioso tributario. Più in particolare, il contribuente cui è stato notificato l’atto impositivo può chiedere la sospensione dell’atto impugnato ma beneficia automaticamente dell’esonero della garanzia, ai sensi dell’art. 47, c. 5, se gli è riconosciuto il “bollino di affidabilità fiscale” che è riconosciuto se all’interessato è stato attribuito un punteggio di affidabilità parti ad almeno 9 negli ultimi tre periodi di imposta antecedenti a quello di
proposizione del ricorso per i quali tali punteggi sono disponibili.

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Ingiunzioni fiscali come difendersi

L’ingiunzione fiscale può essere adottata direttamente dai Comuni, quali enti creditori, oppure dai soggetti affidatari del recupero delle entrate patrimoniali (società private ed enti abilitati alla riscossione di entrate patrimoniali).
L’ingiunzione fiscale consiste in un atto atto amministrativo e titolo esecutivo, per mezzo del quale l’amministrazione accerta il credito (tassa, multa ecc.), con interessi e sanzioni, e intima il pagamento entro 30 giorni della somma dovuta, sotto pena di esecuzione forzata.
Si tratta sostanzialmente di un ordine di pagamento: se il debitore non paga, l’amministrazione o concessionario al quale ha affidato il recupero del credito, può agire esecutivamente (per es. con il pignoramento dello stipendio o del conto corrente).
L’ingiunzione fiscale, a differenza della cartella di pagamento, non deve essere preceduta dall’iscrizione a ruolo delle somme intimate. Si applicano tuttavia alcune disposizioni proprie del procedimento di riscossione mediante ruolo (ad es. con riguardo alle regole di notifica).
Rappresenta un procedimento speciale, derogatorio rispetto all’ordinaria procedura di ingiunzione, che combina in sé gli strumenti del decreto ingiuntivo e del precetto e presuppone l’auto-accertamento del tributo o della sanzione amministrativa da parte dell’Ente pubblico, titolare di uno specifico potere impositivo.
L’ingiunzione fiscale non può essere applicata a soggetti diversi e ulteriori rispetto a quelli specificamente individuati dalla legge e cioè lo Stato, alcuni Fondi ed Enti Territoriali, e altri enti pubblici, indicati in leggi speciali, con esclusione delle società, anche quelle a partecipazione pubblica, a causa della loro natura privatistica.
Per le società private è ammessa la possibilità di ricorrere all’ingiunzione fiscale solo dietro espressa autorizzazione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
L’ingunzione fiscale può essere notificata tramite ufficiale giudiziario o messo notificatore, ma anche direttamente dal Comune creditore o dal concessionario a mezzo posta.
Nel caso di notifica a mezzo posta, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica in ordine alla persona cui è consegnato il plico, dovendo l’atto, pervenuto, ritenersi ritualmente consegnato all’indirizzo del destinatario, senza che occorra l’ulteriore adempimento della raccomandata informativa.
Alla notifica dell’ingiunzione fiscale si applicano le stesse norme della notifica previste perla cartella esattoriale, di cui svolge la medesima funzione.
Dal momento che le cartelle possono ormai essere validamente notificate a mezzo posta, purché con raccomandata a/r di Poste Italiane, possono esserlo anche le ingiunzioni fiscali.

L’ingiunzione fiscale è soggetta ai termini di prescrizione propri del credito per il quale è stata emessa. Si applica, dunque, la stessa regola prevista perle cartelle esattoriali, in quanto, trattandosi di atti amministrativi, non è possibile affermare la prescrizione decennale propria delle sentenze e dei decreti ingiuntivi divenuti definitivi. Ciò neppure qualora l’ingiunzione non sia mai stata impugnata.
Se, per esempio, l’ingiunzione fiscale ha ad oggetto multe o tributi locali, il termine di prescrizione è quinquennale. Se sono decorsi più di cinque anni dalla notifica dell’ingiunzione, non è possibile agire con l’esecuzione forzata nei confronti del contribuente.
L’ingiunzione è un atto interruttivo della prescrizione, quindi una volta notificata, ricomincia a decorrere il termine di prescrizione del credito ad essa sotteso.

L’ingiunzione fiscale, qualora illegittima perché per esempio recante un’imposta non dovuta o una multa già pagata, può essere opposta dinanzi al giudice.
Il giudizio di opposizione è un giudizio volto a contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata ed a ottenere un accertamento negativo della pretesa fatta valere dalla Pubblica Amministrazione.
Il debitore opponente assume la veste di attore solo in senso formale, ma non in senso sostanziale, perché tutti gli elementi dell’obbligazione tributaria (o amministrativa nel caso delle multe), compresa la riferibilità della medesima al contribuente, vanno allegati e provati dall’amministrazione.
Dunque, l’opponente ha solo l’onere di allegare e dimostrare gli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi dell’obbligazione stessa (per esempio avvenuto pagamento, prescrizione, decadenza, errore di calcolo ecc.).
Dato che l’ingiunzione fiscale può avere ad oggetto tanto crediti tributari (Imu, Tasi ecc.) quanto multe e altre entrate patrimoniali, occorre distinguere i termini di opposizione e il giudice competente.
Il termine entro il quale occorre agire per contestare l’ingiunzione fiscale decorre dalla data di notifica della stessa ed è di:
60 giorni se l’ingiunzione ha ad oggetto crediti tributari (per esempio Imu e Tasi); in questo caso l’opposizione si introduce con ricorso alla Commissione tributaria competente;
30 giorni in tutti gli altri casi; l’opposizione si introduce con citazione dinanzi al Giudice di Pace o al Tribunale, in base ai criteri competenza per materia e per valore.
Per i tributi, devono applicarsi necessariamente le regole del processo tributario, in base alle quali l’impugnabilità degli atti impositivi di accertamento e di riscossione è ammessa entro 60 giorni dalla notifica.
Il giudice (Giudice ordinario o Commissione Tributaria) terriorialmente competente perl’opposizione non è quello di residenza del debitore, bensì quello del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso l’ingiunzione fiscale.
Nel caso in cui l’ente impositore non provveda direttamente alla riscossione delle sue entrate patrimoniali, ma la appalti a terzi, è competente il giudice del luogo ove ha sede il concessionario per la riscossione, e non l’ente impositore.
E se il concessionario ha più sedi? È competente il giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio che ha materialmente predisposto e notificato l’ingiunzione fiscale.

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DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA CERTIFICAZIONE (ART. 46 D.P.R. N. 445/2000 )

                     

                                    DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA CERTIFICAZIONE
                                                       (art. 46 D.P.R. dicembre 2000 n. 445 )
                   ESENZIONE DAL CONTRIBUTO UNIFICATO DI ISCRIZIONE A RUOLO

                               AI SENSI DELL’ART. 9 COMMA 1° BIS D.P.R. 30/5/2002 N. 115

… 1.. sottoscritt ………………………………………………..nat… .a ………………………………… ……………………. il ………………………….
ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 “Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, consapevole    della decadenza dei benefici di cui all’art. 75 D.P.R. 445/2000 e delle conseguenze penali previste dall’art. 76 del medesimo D.P.R. per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci dichiara sotto la propria responsabilità quanto segue:
DICHIARA
Che il proprio reddito, compreso quello dei familiari conviventi ex art. 76 D.P.R. 15/2002, non è superiore ad € 34.107,72 relativamente all’anno ……………………… *
Dichiara che il proprio nucleo familiare, oltre al sottoscritto, è composto da:

Generalità anagrafica dei componenti nucleo familiare compreso              Data di nascita                           Comune di nascita
Il richiedente
Cognone e nome ………………………………                                                         ……………………..                           ………………………….
C.F.  ……………………………………

 

*N.B. L’anno di riferimento è quello dell’ultima dichiarazione dei redditi presentata
Luogo e data ……………
FIRMA
                                                                                                                       ……………………………………
Dichiara di essere informato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10 della legge 675/96 che i dati personali raccolti saranno trattati anche con strumenti informatici, esclusivamente nell’ambito del procedimento per il quale la presente dichiarazione viene resa.
Luogo e data……………
IL DICHIARANTE
                                                                                                                         ………………………………………………………

Allegare fotocopia di valido documento di identità

La presente dichiarazione non necessita dell’autentica della firma e sostituisce a tutti gli effetti le normali certificazioni richieste o destinate ad una pubblica Amministrazione nonché ai gestori di pubblici servizi e ai privati che vi consentono
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DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONE DEI REDDITI IRPEF ex art.9 comma 1-bis del DPR 115/2002

Io sottoscritto Sig./ra __________________, nato/a ad ______________ (_) il __.__.__, (C.F. ___________________) e residente a ____________ (_) in via ___________________, __, avendo proposto azione giudiziaria per conseguire prestazioni o benefici previdenziali o assistenziali, come risulta dal ricorso cui la presente dichiarazione viene allegata e di cui fa parte integrante, valendomi della facoltà concessami dall’art. 4 della L.15/68 e consapevole delle responsabilità di legge derivanti da dichiarazioni false o reticenti consapevole delle sanzioni penali richiamate dall’art.76 del D.P.R. 28.12.2000 n.445, in caso di dichiarazioni mendaci e di formazione o uso di atti falsi

                                                       DICHIARO

–          Ai fini dell’esenzione dal pagamento del contributo unificato – di essere titolare, personalmente ed insieme al mio nucleo familiare, per l’anno precedente, di un reddito familiare imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, inferiore a tre volte (limite posto a € 35.240,04 secondo l’aggiornamento previsto dal Decreto 23 luglio 2020 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 2021, n. 24) l’importo del reddito stabilito ai sensi degli art. 76, commi da 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, tenendo, inoltre, conto di quanto previsto dall’art. 92 D.P.R. n.115/2002 in caso di reddito familiare;

–          Ai fini dell’esenzione delle spese legali in caso di soccombenza – che ai sensi e per gli effetti dell’art. 152 disp.att. c.p.c., sono nelle condizioni di reddito previste per la concessione del beneficio dell’ESENZIONE DALLE SPESE DI SOCCOMBENZA NEI GIUDIZI PREVIDENZIALI ED ASSISTENZIALI in quanto il reddito imponibile Irpef mio ed del mio nucleo familiare nell’anno precedente quello in corso, è inferiore a due volte (limite posto a € 23.493,36 secondo l’aggiornamento previsto dal Decreto 23 luglio 2020 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 2021, n. 24), l’importo del reddito stabilito ai sensi degli art. 76, commi 1 a 3, e 77 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e

                                                 MI IMPEGNO

A comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito verificatisi nell’anno precedente alla decisione.

Si Allega Copia della Carta D’identità;

____________, lì __/__/2021

                                                                    (Firma)  __________________

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Modello informativa per controversie

Io sottoscritto____________________________________________________

dichiaro di essere stato informato dall’Avv.________________________________________________

in ossequio a quanto previsto dall’art. 4,3° comma del d.lgs., 4 marzo 2010, n.28:

  1. della facoltà di esperire il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 per tentare la risoluzione stragiudiziale della controversia insorta tra me e___________________________

in relazione a ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________; nonché dell’obbligo di utilizzare il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 (ovvero per le materie ivi contemplate, i procedimenti previsti dal d.lgs. n. 179/2007 o dall’art. 128-bis del d.lgs. n. 38571993 e successive modificazioni), in quanto condizione di procedibilità del giudizio, nel caso che la controversia sopra descritta sia relativa a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

  1. della possibilità, qualora ne ricorrano le condizioni, di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato per la gestione del procedimento;
  2. dei benefici fiscali connessi all’utilizzo della procedura, ed in particolare:
  3. a) della possibilità di giovarsi di un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’Organismo di mediazione fino a concorrenza di 500 euro, in caso di successo; credito ridotto della metà in caso di insuccesso; e delle circostanze che:
  4. b) tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura;
      1. c) che il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro e che in caso di valore superiore l’imposta è dovuta solo per la parte eccedente.         _______,lì _______
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Nota precisazione credito – Pignoramento c/o terzi (es. mob.)

NOTA DI PRECISAZIONE DEL CREDITO

Al sig. giudice dell’esecuzione del Tribunale di ………. dott. ……

Il/la sig./ra ……….., creditore nella procedura esecutiva iscritta al n. ……………. R.G.E. rappresentato/a e difeso/a per procura rilasciata in calce all’atto………. dall’avv…………, elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore in …………………,  precisa il suo credito come segue:

1) Credito indicato nell’atto di precetto pari ad …………… di cui …………… per capitale;

…………… per interessi al tasso convenzionale del ……………; (ovvero al tasso legale) già calcolati sino al ……………;

…………… per spese di precetto e così complessivamente per ………..

2) Interessi successivi all’atto di precetto pari ad …………… calcolati come previsto dal titolo al tasso legale dal  …………… al saldo sul capitale puro;

(ovvero calcolati come previsto dal titolo al tasso convenzionale del …………… previsto dal titolo dal …………… al saldo sul capitale puro ;

3) Acconti direttamente percepiti (escluso il versamento del quinto) pari complessivamente ad ………….. di cui:

acconto di …………… percepito il ……………;

acconto di …………… percepito il ……………;

da imputare come segue …………………………

4) Spese legali della procedura esecutiva, successive al precetto (o all’atto):

…………… per compensi)

e …………… per spese oltre …………… per c.p.a.  ed …………… per i.v.a. (…………… % di ……………) e così complessivamente:

Totale generale Euro ……..

_______, lì _________

Avv. _______________

LA PRECISAZIONE DEL CREDITO DOVRA’ ESSERE PREFERIBILMENTE TRASMESSA TELEMATICAMENTE ALMENO 10 GG PRIMA DELL’UDIENZA DI ASSEGNAZIONE  (PIGNORAMENTO PRESSO TERZI) OPPURE DI ATTRIBUZIONE O DISTRIBUZIONE (ESECUZIONE MOBILIARE).

 

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RICORSO TRIBUTARIO

Il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro  60 giorni dalla data di notifica dell’atto. In caso di rifiuto tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti, può essere proposto dopo 90 giorni dalla domanda di restituzione (art. 21, D. Lgs. n° 546/92).

La notifica del ricorso all’ente impositore da parte del ricorrente deve avvenire a mezzo pec (art. 16 bis, c- 3, D.Lgs. 546/92) secondo le disposizioni contenute dettate dal D. M. 163/2013 e successivi decreti attuativi.

L’indicazione dell’indirizzo  PEC ha valore di elezione di domicilio a tutti gli effetti (art. 16 bis, c. 4, D.Lgs. 546/92).
La notifica del ricorso a mezzo PEC è diventata obbligatoria dal 1° luglio 2019 (art. 16-bis D.Lgs. 546/92 modificato dal D.L. 119/2018, conv. nella legge 1136/2018.

L’obbligo della notifica del ricorso a mezzo PEC non sussiste per i soggetti che non si avvalgono della difesa tecnica nelle cause di valore inferiore ai tremila euro. In tale ipotesi le notifiche sono eseguite ai sensi dell’articolo 16 del D. Lgs. n° 546/92.

Le notifiche sono eseguite ai sensi dell’art. 16 D.Lgs. 546/92 anche nei casi di mancata indicazione dell’indirizzo pec del difensore o della parte; qualora l’indirizzo pec non sia rinvenibile nei pubblici elenchi e infine nell’ipotesi di mancata consegna del messaggio pec per cause imputabili al destinatario (art. 16 bis, c. 2, D.Lgs. 546/92). In tale ipotesi, le notificazioni si possono fare a mezzo ufficiale giudiziario secondo le norme degli artt. 137  c.p.c e seg (art. 16 D.Lgs. 546/92, c. 2) o con spedizione postale, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, all’ente impositore che ha emanato l’atto o mediante consegna diretta da parte del ricorrente all’ufficio impositore (art. 16 D.Lgs. 546/92, c. 3).

Nei casi di notifica tramite pec, qualora non sia possibile fornire la prova della notifica o della comunicazione mediante modalità telematiche, il difensore del contribuente e il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 D.Lgs. 446/1997, provvedono ai sensi dell’art. 9, commi 1 bis e 1 ter legge 53/1994, che disciplina le notifiche in proprio degli avvocati nel settore civile, amministrativo e stragiudiziale.  In questi casi l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 52/2005.

Il giudizio è introdotto con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (art. 18, D.Lgs. 546/92). Il ricorso può essere proposto avverso (art. 19, D.Lgs. 546/92):

  1. l’avviso di accertamento del tributo;
  2. l’avviso di liquidazione del tributo;
  3. il provvedimento che irroga le sanzioni;
  4. il ruolo e la cartella di pagamento;
  5. l’avviso di mora;
  6. l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 d.P.R. 602/1973, e succ. mod.;
  7. il fermo di beni mobili registrati (art. 86 d.P.R. 602/1973, e succ. mod.;
  8. gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2;
  9. il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti;
  10. il diniego o la revoca di agevolazioni tributarie o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;
  11. ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l’autonoma impugnabilità davanti alle Commissioni Tributarie.

Reclamo e mediazione

Per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa. La procedura di reclamo/mediazione deve essere conclusa, a pena di improcedibilità del ricorso, entro il termine di novanta giorni dalla data di notifica di quest’ultimo (art. 17 bis, D.Lgs. 546/92).

L’istituto del reclamo/mediazione si applica agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate, delle dogane e dei monopoli di cui al d.leg. 300/1999 e dagli Enti locali (art. 9, D.Lgs. 156/2015). Si applica inoltre, in quanto compatibili, anche agli atti emessi dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. 446/97.

L’istituto non si applica alle controversie di valore indeterminabile (ad eccezione di quelle in materia catastale, di cui all’art. 2, comma 2, primo periodo) e alle controversie di cui all’art. 47 bis, relative al recupero degli aiuti di Stato.

L’istanza di reclamo/mediazione, se non diversamente specificato nell’atto impugnato, va inoltrato alla Direzione dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e, più in generale all’ente che ha emanato l’atto o ha omesso quello richiesto.  La proposizione deve essere effettuata entro 60 giorni dalla notificazione dell’atto da impugnare, o 90 giorni dal rifiuto tacito dell’atto richiesto. La descritta procedura amministrativa, volta alla composizione della lite, costituisce condizione di procedibilità del ricorso, che diviene esperibile decorsi 90 giorni fissati per la conclusione della stessa. Da tale termine riprendono a decorrere i 30 giorni per la costituzione in giudizio davanti alla Commissione Tributaria e, in quella sede, all’atto del deposito del fascicolo di parte, andrà allegato il pagamento del contributo unificato. E’ espressamente prevista l’applicabilità della sospensione feriale dei termini processuali (dal 1 al 31 agosto).

In seguito all’ esame istruttorio dell’istanza di reclamo/mediazione, l’ente interessato può:

  1. ritenere la proposta di mediazione completa nell’ammontare della pretesa e, per l’effetto accogliere l’istanza del ricorrente, invitando quest’ultimo a sottoscrivere l’accordo di mediazione senza formalità;
  2. ritenere non accoglibile il reclamo in tutto o in parte; in tal caso la procedura può concludersi con un provvedimento motivato espresso di rigetto ovvero con un silenzio-rifiuto che si perfeziona decorsi novanta giorni dalla presentazione del reclamo. Nell’ipotesi di provvedimento espresso di diniego o di accoglimento parziale, il ricorrente può accettare la decisione della controparte oppure decidere di costituirsi in giudizio dinanzi al giudice tributario. La costituzione in giudizio deve avvenire entro 30 giorni dalla scadenza del termine di 90 giorni previsti per la definizione della procedura di reclamo-mediazione, anche se il provvedimento di rigetto del reclamo-mediazione è notificato al contribuente prima dei predetti 90 giorni (Circolare n. 1/E del 12.02.2014 Agenzia delle Entrate).

Il ricorso deve contenere l’indicazione (art 18, D.Lgs. 546/1992 art. 14, c. 3 bis,  D.P.R. 115/2002):

  1. della Commissione Tributaria cui è diretto;
  2. del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del codice fiscale e dell’indirizzo di posta elettronica certificata;
  3. dell’ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto;
  4. dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda;
  5. dei motivi;

Il ricorso deve indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all’assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 euro, con l’obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a euro 3.000,00, deve sottoscrivere sia l’originale sia le copie destinate alle controparti. L’art. 47 del D.Lgs. 546/92 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Commissione Tributaria Provinciale competente la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, c. 2, del D.Lgs. 546/92.

La costituzione in giudizio del ricorrente, a pena di inammissibilità, si effettua esclusivamente mediante deposito del ricorso, previamente notificato a mezzo pec, attraverso il Sistema informativo della Giustizia Tributaria – SIGIT (art. 16 bis, c. 3, D.Lgs. 546/92), secondo le disposizioni sul processo tributario telematico dettate dal D.M. 163/2013 e dai succ. decr. attuativi.

L’art. 16 del D.L. 119/2018, modificando il comma 3 dell’art. 16 bis D.Lgs. 546/92, ha infatti disposto l’obbligo della costituzione in giudizio in primo e secondo grado con modalità telematica relativamente ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° luglio 2019.

L’obbligo del deposito con modalità telematiche non vale:

a) per i soggetti che decidono di non avvalersi dell’assistenza tecnica nelle cause di valore inferiore ai tremila euro. Tuttavia se intendono avvalersi della modalità telematica ai fini della costituzione in giudizio devono avere un indirizzo di posta elettronica certificata da indicare nel ricorso.
b) qualora il giudice, con provvedimento motivato, autorizzi il deposito con modalità diversa da quella telematica. Nello specifico tale autorizzazione spetta:

  • al Presidente della Commissione tributaria nella fase antecedente all’iscrizione a ruolo del ricorso/appello (esempio blocco giornaliero della funzionalità del Sigit non programmato);
  • al Presidente di Sezione nel caso di un ricorso/appello già iscritto a ruolo;
  • al Collegio nell’ipotesi in cui la questione sia sollevata in udienza.

Ne deriva che, in tali casi, il deposito del ricorso notificato può essere effettuato con la trasmissione dello stesso a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento o direttamente  presso la segreteria della Commissione Tributaria adita, entro 30 giorni dalla data di notifica. In tale ipotesi resta comunque l’obbligo per l’ente impositore resistente o appellante del deposito telematico degli atti.

Contestualmente alla costituzione, il ricorrente deve depositare la nota di iscrizione a (NIR), scaricabile in pdf – doc NIR CTP, NIR CTR, contenente l’indicazione delle parti, del difensore, dell’atto impugnato, della materia del contendere, del valore della controversia e della data della notificazione. Unitamente a quanto già indicato, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, e i documenti che produce in originale o fotocopia.
Il deposito di eventuali motivi aggiunti o di altra documentazione deve avvenire sempre in modalità telematica per i soggetti obbligati, inserendo necessariamente il numero di iscrizione a ruolo.
Al fine di semplificare le attività correlate al PTT, il citato articolo 16 del D.L. n° 119/18  attribuisce il potere di certificazione di conformità sia al difensore del contribuente e sia al difensore e al dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo per la riscossione degli Enti locali, ovvero il potere di attestare la conformità delle copie degli atti e dei documenti in loro possesso in originale o in copia conforme, secondo le modalità previste dal Codice dell’amministrazione digitale.
Analogo potere di certificazione in conformità è riconosciuto anche per gli atti estratti dal fascicolo processuale telematico formato ai sensi dell’art. 14 decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 163/2013. La copia informatica o cartacea munita dell’attestazione di conformità, come sopra descritta, equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo  informatico. L’estrazione delle copie autentiche dal fascicolo informatico è esonerata dal pagamento dei diritti di copia.
Con il medesimo D.L. 119/2018 è stata data l’interpretazione autentica all’attuale formulazione del comma 3 dell’art. 16-bis D.Lgs. 546/92 in merito ai contenziosi instaurati prima del regime obbligatorio delle modalità telematiche in vigore dal 1°luglio 2019:  le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità telematica “indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall’avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche”. Con tale interpretazione autentica si superano quelle posizioni giurisprudenziali che avevano sinora ritenuto soccombente l’Amministrazione finanziaria laddove si fosse costituita telematicamente in presenza di ricorso cartaceo del contribuente.
Le disposizioni relative alla costituzione in giudizio del ricorrente si applicano anche alla costituzione in giudizio dell’appellante.

La costituzione in giudizio della parte resistente può avvenire, entro 60 giorni dalla avvenuta notifica del ricorso, con il deposito delle controdeduzioni e degli altri documenti offerti in comunicazione, mediante il Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (SIGIT) secondo le  disposizioni sul processo tributario telematico D.M. 163/2013 e dai succ. decr. attuativi. Per la costituzione in giudizio del resistente valgono le stesse regole per il deposito del ricorso, ovvero l’obbligo a partire dal 1° luglio 2019 del deposito delle controdeduzioni con modalità telematiche. Nelle controdeduzioni sono esposte le proprie difese, le prove di cui intende valersi, le eccezioni processuali o di merito non rilevabili d’ufficio e l’eventuale chiamata in causa di terzi.
Il giudice tributario può tuttavia autorizzare, con provvedimento motivato, il deposito con modalità diverse da quelle telematiche.
L’obbligo del deposito del ricorso in modalità telematica non sussiste per i soggetti che decidono di non avvalersi dell’assistenza tecnica nelle cause di valore inferiore ai tremila euro. Per cui la costituzione per tali soggetti avviene mediante il deposito presso la segreteria della Commissione Tributaria adita, del fascicolo cartaceo contenente le controdeduzioni, in tante copie quante sono le parti in giudizio, e i documenti offerti in comunicazione (art. 23, D. Lgs. n° 546/92). Tuttavia, qualora intendano avvalersi della modalità telematica  devono avere un indirizzo di posta elettronica certificata  da indicare nel ricorso e osservare le disposizioni sul PTT.
Al fine di semplificare le attività correlate al PTT, il citato articolo 16 del D.L. n° 119/18 con la previsione dell’articolo 25-bis del D. Lgs. n° 546/92, attribuisce sia al difensore del contribuente e sia al difensore e al dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo per la riscossione degli Enti locali, il potere di certificazione della conformità degli atti, ovvero di attestare la conformità delle copie degli atti e dei documenti in loro possesso in originale o in copia conforme, secondo le modalità previste dal Codice dell’amministrazione digitale.
Analogo potere di certificazione in conformità è riconosciuto anche per gli atti estratti dal fascicolo processuale telematico formato ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 23 dicembre 2013, n° 163. La copia informatica o cartacea munita dell’attestazione di conformità, come sopra descritta, equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo  informatico. L’estrazione delle copie autentiche dal fascicolo informatico è esonerata dal pagamento dei diritti di copia.
Con il medesimo D.L. n° 119/2018 è stata data l’interpretazione autentica all’attuale formulazione del comma 3 dell’articolo 16 bis del D. Lgs. n° 546/92 in merito ai contenziosi instaurati prima del regime obbligatorio delle modalità telematiche in vigore dal 1° luglio 2019:  le parti possono utilizzare in ogni grado di giudizio la modalità telematica “indipendentemente dalla modalità prescelta da controparte nonché dall’avvenuto svolgimento del giudizio di primo grado con modalità analogiche”. ” Con tale interpretazione autentica si superano quelle posizioni giurisprudenziali che avevano sinora ritenuto soccombente l’Amministrazione finanziaria laddove si fosse costituita telematicamente in presenza di ricorso cartaceo del contribuente.
Nel giudizio di appello, la parte resistente (soggetto privato o ente impositore) deve costituirsi in giudizio nei modi e nei termini previsti per il primo grado, depositando le relative controdeduzioni.

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ISTANZA EX ART. 492 BIS c.p.c.

INTESTAZIONE AVV. ……..
TRIBUNALE DI …….
ISTANZA EX ART. 492 BIS C.P.C.

Il sottoscritto avvocato ……… , C.F…………… con studio in ……………, fax ………,
e-mail: ………, pec ………………, difensore di ……, C.F. ……………, nato il …………
a ……….…, residente in …….……… via ……………… n……, giusta delega a margine/in
calce a …………………… al presente atto)
PREMESSO
• che con sentenza/decreto ingiuntivo n. ………. di data ………… (doc. 1) del
Tribunale di …………, spedita in forma esecutiva in data ………… e notificata
unitamente all’atto di precetto in data ……… (doc. 2), il sig. ………… è stato
condannato al pagamento dell’importo di ………… ;
• che nonostante la notifica dell’atto di precetto in debitore ………… non ha
provveduto al pagamento della somma precettata pari ad € …………….;
• che dunque è interesse dell’odierno creditore ……………… procedere
direttamente alle ricerche con modalità telematiche ex art. 492 bis c.p.c.
stante la nota impossibilità tecnica dell’Ufficiale Giudiziario;
Tutto ciò premesso
CHIEDE
All’Ecc.mo Presidente del Tribunale adito, di essere autorizzato ai sensi del
combinato disposto ex artt. 492 bis c.p.c e 155 quinquies disp. att. c.p.c., ad
accedere alle banche dati delle Pubbliche Amministrazioni o alle quali le stesse
possono accedere, all’anagrafe tributaria compreso l’archivio dei rapporti
finanziari e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le
informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad
esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con
istituti di credito e datori di lavoro o committenti.
In particolare si chiede di poter accedere, per assumere le informazioni sopra
descritte, alle banche dati in possesso o comunque consultabili dall’INPS e
dall’Agenzia delle Entrate.
Luogo e data, ………….
Avv. ………………
Si allegano:
1. (titolo)
2. (precetto

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ISTANZA AGENZIA ENTRATE ART. 492BIS C.P.C.

                                                      INTESTAZIONE AVV. ..
                                              AGENZIA DELLE ENTRATE DI ……………….
Via PEC: …………………………………….
Istanza per l’accesso alle banche dati
ex artt. 492 bis cpc e 155 quinques disp. att. cpc
Il sottoscritto avv. ………………., C.F…………… con studio in ……………, fax ………, email: ………, PEC ………………, difensore di …………., C.F. ……………, residente in
…………… via …… n…… giusta delega a margine/in calce a ……………………
Premesso
che con provvedimento di data …..…, qui allegato in originale informatico/copia
dichiarata conforme 1
(doc. 1), il Presidente del Tribunale, su istanza del creditore e
visto il credito risultante dal titolo e dall’atto di precetto, ha autorizzato l’accesso ai
dati contenuti nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari per
l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da
sottoporre ad esecuzione forzata,
Tutto ciò premesso
CHIEDE
che l’Agenzia delle Entrate di Verona trasmetta al sottoscritto avvocato a mezzo PEC
all’indirizzo indicato in epigrafe tutte le informazioni contenute nell’anagrafe
tributaria compresi i rapporti finanziari relative a ………….. (indicare i dati del
debitore), C.F. ………………….., utili all’individuazione di cose o crediti da sottoporre
ad esecuzione forzata.
Luogo e data ….…….
Avv. ………………………….
Si allega: 1. Originale informatico/copia dichiarata conforme del provvedimento del
Presidente del Tribunale di data …..
1 La conformità della copia informatica all’originale può essere apposta sul medesimo documento informatico oppure
su documento informatico separato contenuto nella stessa mail PEC (anche, pertanto, nella presente istanza) a norma
dell’art. 16 undecies D.L. 179/2012 e delle Specifiche Tecniche del Processo Telematico ivi richiamate. Nel caso di
attestazione su foglio separato è richiesta l’indicazione del nome del file e di una sintetica descrizione del documento
che si sta attestando come conforme. L’attestazione di conformità va sottoscritta con firma digitale (art. 19 ter
Provvedimento DGSIA 16/4/2014 come modificato 28/12/2015).
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