Notifica delle cartelle a mezzo PEC: inesistente

Le notifiche degli atti tributari a mezzo PEC che l’agente della riscossione effettua mediante indirizzi PEC non inseriti nei pubblici registri (INIPEC, IPA e REGINDE). Secondo un filone di giurisprudenza di merito, a cui si aggiungono anche pronunce di legittimità, l’indirizzo del mittente deve risultare da tali elenchi pubblici. In caso contrario, la notifica è inesistente.

Pertanto, quando si riceve una cartella (o altro atto) via PEC: va innanzitutto effettuata una prima verifica sulla validità dell’indirizzo del mittente.

Quindi, non è sufficiente che solo la PEC del soggetto destinatario della notifica telematica sia estratto dai Pubblici Registri (in particolare il registro INI-PEC per gli per Società e REGINDE per i professionisti), ma anche l’indirizzo PEC del soggetto mittente tale PEC (Agenzia delle Entrate-Riscossione) sia quello estratto dallo specifico elenco Ministeriale (in particolare il registro IPA per gli Enti Pubblici).

 

Tra le ultime Sentenze si segnalano:

CTP Napoli n. 3120/2022

CTP Roma del 24 maggio 2022 n. 6298 (è escluso qualsiasi effetto sanante per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., perché: “utilizzando un indirizzo pec non certificato e non inserito in pubblici registri, il messaggio di posta elettronica difetta di un requisito indispensabile a tal fine, non consentendo al destinatario di essere messo in condizioni di conoscerne il contenuto, senza correre il rischio di essere attaccato da c.d. “Malware” ).

La normativa speciale che regola le notifiche PEC del Riscossore:

  • L’art. 3-bis L. 53/1994, rubricato “notificazione in modalità telematica”, al co. 1, prevede che: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.
  • A individuare i predetti pubblici elenchi è l’art. 16-ter DL n. 179/2012 (conv. in legge, con modif. dalla L. 221/2012, con decorrenza dal 19.12.2012), rubricato “pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni”, che al comma 1 così dispone: “A decorrere dal 15.12.2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli artt. 6-bis, 6-quater e 62 del dlgs. 82/2005, dall’art. 16, co. 12, del presente decreto, dall’art. 16, co. 6, del dl. 185/2008, convertito con modif. dalla L.2/2009, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia”. Si tratta, in altri termini, dei registri IPA, REGINDE e INIPEC in cui devono sempre essere registrati gli indirizzi di provenienza delle notifiche.
  •  a disciplinare più nel dettaglio le notificazioni per via telematica delle p.a., è il suddetto art. 16, co. 12 del DL 179/2012 che prevede: “Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del dlgs. 165/2001, e succ. modif., comunicano al Ministero della giustizia, con le regole tecniche adottate ai sensi dell’art. 4, co. 1, del dl 193/2009, conv., con modif., dalla L. 24/2010,  l’indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal DPR 68/2005, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L’elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati”.
  •  L’art. 26, co. 2, dPR n. 602/1973: “La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al dPR 68/2005, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’art. 60 del dPR 600/1973”.
  • Dal quadro normativo emerge come il legislatore abbia ripetutamente sancito la necessità che l’attività di notifica avvenga solo ed esclusivamente mediante l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica (mittente e destinatario) risultanti dai pubblici elenchi: ciò al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto notificando. Ciò è ulteriormente confermato dal art. 7, co. 5, D.M. n. 1632013: “5. Per gli enti impositori, l’indirizzo di posta elettronica certificata di cui al co.1 è quello individuato dall’art.47, co. 3, del dl 82/2005, pubblicato nell’IPA”.
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La riforma del processo tributario 2022

studio legale bevacquaLa legge di riforma del processo tributario apporta sostanziali modifiche alla disciplina del processo tributario di cui al d.lgs. n. 546 31.12.1992, tra le quali: la nuova denominazione degli organi giudicanti, il giudice monocratico, la prova testimoniale, la proposta conciliativa, il reclamo-mediazione, la sospensione dell’atto impugnato, le udienze da remoto, la prova delle violazioni contestate, la definizione agevolata dei giudici tributari pendenti avanti la Corte di cassazione e la riscossione in pendenza di giudizio.

La denominazione degli organi giudicanti. Sia nel d.lgs. 545/1995, che nel d.lgs 564/1992, la denominazione “commissione tributaria” è sostituita con “corte di giustizia tributaria”. La nuova denominazione degli organi giudicanti:

Commissione tributaria provinciale diventa Corte di giustizia tributaria di primo grado
Commissione tributaria regionale diventa Corte di giustizia tributaria di secondo grado
Corte di cassazione diventa Corte di cassazione-sezione tributaria

Presso la Corte di cassazione è istituita una sezione civile incaricata di trattare in maniera esclusiva le controversie in materia tributaria. In tale ambito, il primo presidente adotta provvedimenti organizzativi finalizzati a stabilizzare gli orientamenti di legittimità e ad agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la stessa sezione.

Giudice monocratico. Il presidente della corte di giustizia tributaria di I grado assegna il ricorso al giudice monocratico ma solo nei casi previsti dall’art. 4-bis d.lgs. 546/1992.
La procedura è ammessa soltanto se:
1. la controversia è di valore non superiore a 3.000 euro (sono escluse le controversie di valore indeterminabile);
2. il valore della lite è determinato considerando l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; se la controversia ha per oggetto solo le irrogazioni delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste;
3. il valore tiene conto anche dell’imposta virtuale calcolata a seguito delle rettifiche di perdita.
Nel procedimento si osservano, in quanto applicabili e ove non derogate, le disposizioni relative ai giudizi in composizione collegiale.
Se il giudice in composizione monocratica o collegiale rileva che la controversia ad esso assegnata avrebbe dovuto essere trattata dalla corte di giustizia tributaria in altra composizione, la rimette al presidente della sezione per il rinnovo dell’assegnazione.
Non è stata recepita la norma contenuta nel disegno di legge che limitava l’impugnazione della sentenza pronunciata dal giudice monocratico. Più in particolare, il ricorso in appello poteva essere proposto “esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, nonché per violazione di norme costituzionali o di diritto dell’Unione europea, ovvero dei principi regolatori della materia. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle controversie riguardanti le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, parag. 1, lett. a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, e 20147335/UE, Euratom del Consiglio, e l’imposta sula valore aggiunto riscossa all’importazione”.
Per i giudizi instaurati con ricorso notificato dal 1° settembre 2023 la discussione in pubblica udienza, comprese quelle relative alla sospensione degli atti impugnati, si svolgono esclusivamente a distanza. Tuttavia, ciascuna delle parti può richiedere nel ricorso o nel primo atto difensivo, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta all’udienza del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia provinciale.

Prova testimoniale. Riscritto il testo dell’art. 7, c. 4, che non ammetteva il giuramento e la prova testimoniale. Permane la non ammissione del giuramento. La prova testimoniale può essere ammessa se ritenuta necessaria, dalla corte di giustizia tributaria, anche senza l’accordo delle parti.
La prova va assunta secondo quanto è previsto dall’art. 257-bis c.p.c.
Qualora la pretesa fiscale sia fondata su verbali o su altri atti che fanno fede fino a querela di falso, la prova testimoniale è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle che sono attestate da pubblico ufficiale.

Prova in giudizio per l’amministrazione finanziaria. L’art. 7 c. 5-bis, primo periodo, introduce l’onere della prova a carico dell’ente impositore, il quale deve sempre provare in giudizio le violazioni che sono contestate con l’atto impugnato.
Il giudice fonda la decisone sugli elementi di prova che emergono nell’atto impositivo impugnato. Questo ultimo viene annullato se la fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziale e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive sulle quali è fondata la pretesa fiscale.

Onere della prova per i rimborsi di somme.Il contribuente deve fornire le ragioni della richiesta di rimborso del proprio credito qualora questo non sia conseguente al pagamento di somme che sono oggetto di accertamenti impugnati (art. 7, c. 5,-bis, secondo periodo).

Sese di giudizio e la proposta conciliativa. Se la parte, senza giustificato motivo, non accetta la proposta conciliativa proposta dalla controparte o dal giudice, a suo carico sono poste le spese del giudizio maggiorate del 50%, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta che ad essa è stata effettuata.
Qualora si intervenuta la conciliazione, le spese si intendono compensate, fatta eccezione per il caso in cui le parti abbiano convenuto in maniera diversa nella misura indicata nel processo verbale di conciliazione.

Reclamo-mediazione. Qualora il reclamo del contribuente sia rigettato o la proposta di mediazione formulata dall’ente impositore sia rifiutata, la soccombenza in giudizio di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta un effetto penalizzante per la parte soccombente che viene condannata al pagamento delle relative spese di giudizio (art. 17-bis, c. 9-bis). L’effetto di tale disposizione può essere rilevante ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che immotivatamente ha rigettato il reclamo o non ha accolto la proposta di mediazione.

Sospensione dell’atto impugnato. L’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione è fissata con decreto per la prima camera di consiglio “utile e comunque non oltre il 30° giorno dalla presentazione della medesima istanza e la comunicazione dell’udienza va data alle parti almeno 5 giorni prima (e non più 10 giorni) (art. 47, c. 2).
Abrogato il c. 5-bis secondo cui l’istanza doveva essere decisa entro 180 giorni dalla presentazione.
In ogni caso l’udienza di trattazione dell’istanza non può coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia.
Per i giudizi instaurati con ricorso notificato dal 1°.9.2023 (compresi quelli in secondo grado ai sensi dell’art. 52, c. 3) l’udienza pubblica di trattazione si svolge esclusivamente a distanza. Ciascuna delle parti può richiedere nel ricorso, nel primo atto difensivo o nell’appello, per comprovate ragioni, la partecipazione congiunta al’udienza di persona del difensore, del’ufficio e dei giudici. La richiesta va esaminata dal giudice dandone comunicazione con l’avviso di trattazione.
Dopo aver sentito le parti in camera di consiglio e deliberato il merito. Il collegio giudicante emette ordinanza non impugnabile, nella stessa udienza di trattazione. Il dispositivo dell’ordinanza deve essere immediatamente comunicato alle parti in udienza.
La sospensione dell’atto impugnato può anche essere parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all’art. 69, c. 2. Viene introdotto un effetto premiale a favore dei soggetti ai quali si applicano gli indici di affidabilità fiscale: la prestazione della garanzia è esclusa per i ricorrenti con “bollino di affidabilità fiscale”. Più in particolare il beneficio è riservato a chi sia stato attribuito un punteggio di affidabilità pari ad almeno nove negli ultimi tre periodi di imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso per i quali tali punteggi siano disponibili (art. 47, c. 5, ultimi due periodi).

Conciliazione giudiziale. Con il nuovo art. 48-bis.1 viene introdotta la speciale conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria che ha per oggetto le sole controversie soggette a reclamo ai sensi dell’art. 17-bis. La procedura può essere attivata formulando alle parti la proposta avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e provata soluzione.
La proposta può essere formulata in udienza o fuori udienza. In quest’ultimo caso, è comunicata alle parti. Se è formulata in udienza, è comunicata alle pari non comparse.
La causa può essere rinviata alla successiva udienza per il perfezionamento dell’accordo conciliativo. Se questo non si perfeziona avviene la trattazione della causa.
La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale ove sono indicati:
1. le somme dovute;
2. i termini e le modalità di pagamento.
Il processo verbale costituisce titolo per procedere alla riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente. La sentenza dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.
La proposta di conciliazione non puo’ costituire motivo di ricusazione o di astensione del giudice.
Si applica l’art. 48-ter per la definizione e il pagamento delle somme dovute anche in forma rateale.

Sospensione della riscossione in pendenza di giudizio. Se l’istanza di sospensione dell’atto impugnato (art. 47-bis) è accolta, ciò comporta, automaticamente, la sospensione del pagamento di 1/3 delle imposte, dei contributi e dei premi corrispondenti agli imponibili che sono stati accertati ma che non sono ancora definitivi.

Udienze da remoto. Per i giudizi instaurati in I e II grado con ricorso notificato a decorrere dal 1°.9.2023 cambiano le regole per la trattazione della controversia con udienza da remoto ai sensi dell’art. 16, d.l. 119/2018.
La partecipazione all’udienza a distanza può essere richiesta dalle parti nel ricorso, nel primo atto difensivo o in apposita istanza da depositare in segreteria almeno 20 giorni prima della data di trattazione.
L’udienza si tiene a distanza se la richiesta è formulata da tutte le parti costituite nel processo tributario, altrimenti si applica la disciplina dell’art. 34 d.lgs. 546/1992.
Si svolgono esclusivamente a distanza le udienze del giudice monocratico e le camere di consiglio sulla sospensione dell’atto impugnato (art. 47, c. 3) e sulla sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata (art. 52 c. 3). Tuttavia, per comprovate ragioni, nel ricorso o nel primo atto difensivo, ciascuna delle parti può richiedere la partecipazione congiunta all’udienza del difensore, dell’ufficio e dei giudici presso la sede della corte di giustizia tributaria. Il giudice decide sulla richiesta dandone comunicazione alle parti con l’avviso di trattazione dell’istanza.
In ogni caso, se l’udienza si tiene a distanza, ciascun giudice può essere presente di persona.

Decorrenza delle norme. Dalla data di entrata in vigore della legge si applicano le nuove norme indicate nell’art. 4, comma 1, in materia di: prova testimoniale (lett. c); proposta conciliativa e spese processuali (lett. d); conciliazione proposta dalla corte di giustizia tributaria (lett. g) e h).
Per i ricorsi notificati a decorrere dal 1°.1.2023 si applicano le nuove norme indicate nell’art. 4, comma 1, in materia di giudice monocratico (lett. b).

Definizione agevolata per le liti pendenti innanzi alla Corte di cassazione. Le controversie tributarie che alla data del 15.7.2022 sono pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 62 d.lgs. 546/1992, possono essere oggetto di definizione a condizione che:
1. l’ente impositore sia l’Agenzia delle entrate;
2. il valore della lite non sia superiore a 100.000 euro;
3. la domanda deve essere presentata da chi ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o da chi vi è
subentrato o ne ha la legittimazione;
4. il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della legge,
purché alla data di presentazione della domanda non sia intervenuta sentenza definitiva;
5. la controversia non deve avere per oggetto, anche solo in parte:
6. le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, parag. 1, lett. a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio;
7. l’Iva riscossa all’importazione;
8. le somme dovute a titolo dir recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del Regolam. (UE) 2015/1589 del Consiglio.
La domanda deve essere presentata entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Il perfezionamento avviene con il pagamento degli importi dovuti. Se non è dovuta alcuna somma la presentazione della domanda perfeziona la procedura. L’adesione comporta la rinuncia contestuale ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione ai sensi della l. 89/2001.
In ogni caso le spese del giudizio estinto sono a carico della parte che le ha anticipate.
Fermo restando l’importo esposto nel prospetto, vanno dedotte le somme versate a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, ma la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme versate in misura eccedente alla percentuale del 5% o del 20%.
Per ciascuna controversia autonoma, da intendersi relativa a ciascun atto impugnato, entro il termine di presentazione della domanda:
1. va presentata una distinta domanda di definizione, esente da bollo;
2. va effettuato un distinto versamento.

Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su eventuali pronunce giurisprudenziali che non sono passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge.
Le controversie definibili non sono sospese a meno che il contribuente presenti richiesta dichiarando di volersi avvalere della norma agevolativa. In tal caso, il processo è sospeso fino al temine concesso di presentazione dell’istanza di definizione.
Il diniego alla definizione deve essere notificato entro 30 giorni con le modalità previste per gli atti processuali. L’atto è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione entro 60 giorni. L’impugnazione del diniego vale anche come istanza di trattazione.

“Bollino di affidabilità fiscale”. L’art. 2 della legge prevede un ulteriore effetto premiale per i contribuenti cui si applicano gli ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale) di cui all’art. 9-bis d.l. 50/2017, a valere sul contenzioso tributario. Più in particolare, il contribuente cui è stato notificato l’atto impositivo può chiedere la sospensione dell’atto impugnato ma beneficia automaticamente dell’esonero della garanzia, ai sensi dell’art. 47, c. 5, se gli è riconosciuto il “bollino di affidabilità fiscale” che è riconosciuto se all’interessato è stato attribuito un punteggio di affidabilità parti ad almeno 9 negli ultimi tre periodi di imposta antecedenti a quello di
proposizione del ricorso per i quali tali punteggi sono disponibili.

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