Gli artt. da 555 a 598 c. p.c., disciplinano il pignoramento immobiliare, mentre gli art. da 474 a 512 c.p.c., contengono i principi generali in materia di esecuzione forzata.
Il D.L. n. 135/2018, conv. con mod. dalla L. n. 12/2019 ha introdotto importanti modifiche.
Il pignoramento immobiliare può aver luogo solo in virtù di un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo esecutivo, cambiale …) che attesti l’esistenza di un diritto del creditore certo, liquido ed esigibile (art. 474 c.p.c.).
Dopo la notifica al debitore del titolo esecutivo e del relativo atto di precetto, intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo, entro un termine non inferiore a 10 giorni (salvo le ipotesi di adempimento immediato di cui all’art. 482 c.p.c.). Appunto decorsi i 10 giorni dalla notifica del precetto, occorre predisporre ex art. 555 c.p.c. il pignoramento immobiliare, mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto che dovrà contenere i tradizionali requisiti di qualsiasi atto di parte (art. 125 c.p.c.):
- indicazione dei beni e diritti immobiliari che si intende sottoporre ad esecuzione, inserendone gli estremi richiesti dal cod. civ. per individuare l’immobile ipotecato (natura dell’immobile, destinazione urbanistica, comune di appartenenza, numero di partita catastale o delle mappe censuarie e almeno tre confini);
- ingiunzione al debitore (art. 492, c. 1 c.p.c.), di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito indicato i beni oggetto di espropriazione e i relativi frutti.
L’atto di pignoramento dev’essere consegnato all’ufficiale giudiziario competente unitamente alla copia uso trascrizione, affinchè provveda alla notifica al debitore e alla trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari. Attività che può essere compiuta anche dal creditore procedente.
Eseguita l’ultima notificazione l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore o al suo avvocato l’atto di pignoramento e la nota di trascrizione che gli è stata restituita dal Conservatore dei Registri Immobiliari.
Con il pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a percepire alcun compenso (art. 559 c. 1, c.p.c.), solo in ipotesi residuali (art. 559 c.p.c.), ovvero quando:
- abita l’immobile;
- il giudice dell’esecuzione ravvisa l’inutilità della custodia in ragione della particolare natura dei beni pignorati (art. 559 c. 4 c.p.c.).
Di regola, la qualifica di custode, è quindi attribuita ad un soggetto diverso dal debitore.
Ciò accade:
-ad istanza dal creditore pignorante o di un creditore intervenuto;
-se l’immobile non è occupato dal debitore;
-se il debitore, nominato custode, è inadempiente rispetto agli obblighi cui è soggetto;
-con la pronuncia dell’ordinanza con cui è autorizzata o delegata la vendita, se il debitore era stato nominato custode.
Come detto la L. 12/2019 ha modificato l’art. 560 c.p.c., che disciplina le modalità di custodia dei beni pignorati, il quale si applica alle procedure espropriative immobiliari iniziate con pignoramenti notificati a partire dal 13 febbraio 2019.
Focalizzando l’attenzione sulle procedure successive al 13.02.2019, tra le modifiche apportate: la previsione, secondo cui il debitore e i familiari con lui conviventi non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento, salvo quando:
- è ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti;
- l’immobile non è adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione per colpa e dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare;
- il debitore viola gli altri obblighi posti a suo carico;
- l’immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare.
In questi casi il giudice, sentiti il custode e il debitore, può ordinare la liberazione dell’immobile. Quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell’art. 586 c.p.c.”.
La disciplina del 2019 si snoda quindi su un doppio binario, a seconda che l’immobile pignorato sia abitato o meno dal debitore e dai suoi familiari. Nel primo caso il giudice ordina la liberazione dell’immobile sentiti il custode e il debitore stesso solo se ricorrono le condizioni di cui al comma 6; diversamente l’immobile resta occupato fino alla pronuncia del decreto di trasferimento.
Dal momento in cui l’ufficiale giudiziario restituisce al creditore o al suo avvocato le copie dell’atto notificato e la nota di trascrizione, questi hanno 15 giorni per iscrivere a ruolo il pignoramento a pena di inefficacia.
L’iscrizione a ruolo avviene depositando presso la cancelleria del Tribunale competente la nota di iscrizione a ruolo con le copie conformi, attestate dall’avvocato, del titolo esecutivo, del precetto e dell’atto di pignoramento notificato, nonché la nota di trascrizione.
Il cancelliere, ricevuto il deposito e verificatane la regolarità, forma il fascicolo d’ufficio dell’esecuzione assegnandole un numero di ruolo.
Entro 5 giorni dal pignoramento, il creditore pignorante che ha interesse a procedere con la vendita deve notificare ai creditori titolari di un diritto di prelazione sul bene risultante da pubblici registri, un avviso contenente l’indicazione del creditore pignorante, del credito per cui si procede, del titolo e dei beni pignorati (art. 489 c.p.c.).
In difetto di prova di tale notifica il giudice dell’esecuzione non potrà provvedere sull’eventuale istanza di vendita. La vendita del bene pignorato può essere chiesta con istanza presentata dal creditore pignorante o da qualsiasi creditore intervenuto, purchè munito di titolo esecutivo (art. 567 c.p.c). Istanza può presentarsi dopo il decorso del termine di 10 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, e non oltre 45 giorni dal pignoramento stesso, altrimenti questo perde efficacia (art. 497 c.p.c.). In tal caso il giudice dell’esecuzione pronuncia ordinanza con cui dispone la cancellazione della trascrizione e il conservatore dei Registri Immobiliari provvederà in tal senso su presentazione dell’ordinanza (art. 562 c.p.c.).
Entro 60 giorni dal deposito dell’istanza di vendita il creditore procedente deve allegarvi la documentazione ipocatastale: l’estratto del catasto e i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei 20 anni precedenti la trascrizione del pignoramento (art. 567 c.p.c.). Tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari.
Il termine per il deposito della documentazione ipocatastale può essere prorogato una sola volta su istanza dei creditori o dell’esecutato, per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriori 60 giorni. La proroga può essere disposta anche dal giudice quando ritiene che la documentazione necessiti di un’integrazione, assegnando al creditore altri 60 giorni per completarla.
Se la proroga non ha luogo o la documentazione non è integrata nei termini, il giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, dichiara l’inefficacia, sentite le parti, del pignoramento per l’immobile per il quale non è stata depositata la documentazione, disponendo la cancellazione della trascrizione del pignoramento (art. 562 comma 2 c.p.c.).
Se non ci sono altri beni pignorati, il giudice dichiara inoltre l’estinzione del processo esecutivo .
A questa ipotesi di inefficacia si aggiungono quelle già menzionate.
Dunque, il pignoramento è inefficace nel caso di:
- mancata iscrizione a ruolo entro 15 giorni dalla data di restituzione dell’atto di pignoramento notificato da parte dell’ufficiale giudiziario (art. 557, comma 2 c.p.c.);
- mancato deposito dell’istanza di vendita entro 45 giorni dal pignoramento (art. 497 c.p.c.).;
- mancato deposito della documentazione ipocatastale nei termini (in difetto di proroga) o mancata integrazione entro il termine prorogato.
A seguito dell’istanza di vendita ed entro 15 giorni dal deposito della documentazione ipocatastale, il giudice dell’esecuzione nomina un esperto (incaricato di relazionare circa la situazione giuridica del bene e di stimarlo) e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori che hanno ricevuto l’avviso ex art. 498 c.p.c. e che non sono intervenuti nel procedimento. Tra la data del provvedimento e quella fissata per l’udienza non possono intercorrere più di 90 giorni. Salvo il caso di interventi tardivi (artt. 565 e 566 c.p.c.), il creditore pignorante e i creditori intervenuti (art. 499 c.p.c.) depositano, entro 30 giorni dall’udienza, un atto sottoscritto personalmente dal creditore e previamente notificato al debitore esecutato, dove è indicato l’ammontare del credito residuo per cui si procede, comprensivo degli interessi maturati, del criterio di calcolo di quelli in corso e delle spese sostenute fino all’udienza. Se l’atto non viene depositato, il credito dovuto al creditore procedente e ai creditori intervenuti è fissato, ai fini della liquidazione, nell’importo indicato nell’atto di precetto o di intervento, maggiorato dei soli interessi legali e delle spese successive.
All’udienza di comparizione le parti:
- possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita;
- devono proporre le opposizioni agli atti esecutivi, a pena di decadenza, se non sono già decadute dal diritto di proporle.
Se ci sono opposizioni il Tribunale decide con sentenza e il giudice dell’esecuzione disporrà poi la vendita con ordinanza.
Se non ci sono opposizioni il giudice pronuncia ordinanza con cui, alternativamente:
- fissa la vendita del bene (con incanto o senza), stabilendone modalità di esecuzione e tempi;
- delega le operazioni di vendita (senza incanto e con incanto) ad un professionista (avvocato, notaio, commercialista), stabilendo il luogo ed il termine per il loro svolgimento e le modalità della pubblicità (art. 591 bis c.p.c.), ove ciò non sia pregiudizievole per gli interessi delle parti.
La vendita del bene può avvenire all’incanto (c.d. vendita all’asta) o senza incanto.
La vendita senza incanto (che con la riforma del 2005 è divenuta passaggio preliminare obbligatorio per poter procedere alla vendita con incanto), ha inizio con la pubblicazione dell’avviso di vendita da parte del cancelliere, contenente l’indicazione:
- degli estremi richiesti dal codice civile per l’individuazione dell’immobile pignorato;
- del valore dell’immobile, determinato a norma dell’art. 568 c.p.c.;
- del sito internet sul quale è pubblicata la relativa relazione di stima;
- del nome e del recapito telefonico del custode nominato in sostituzione del debitore, con l’avvertimento che maggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria del Tribunale a chiunque vi abbia interesse.
Chiunque, tranne il debitore e le persone indicate all’art. 1471 c.c., può formulare offerte per l’acquisto dell’immobile pignorato e può farlo personalmente o tramite procuratore legale, presentando in cancelleria una dichiarazione contenente l’indicazione:
- del prezzo offerto;
- delle tempistiche e delle modalità di pagamento;
- di ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta.
L’offerta d’acquisto è irrevocabile, salvo che:
- il giudice ordini l’incanto;
- siano trascorsi 120 giorni dalla sua presentazione e non sia stata accolta.
L’offerta è inefficace:
- se perviene oltre il termine fissato nell’ordinanza di vendita;
- se è inferiore di oltre 1/4 al prezzo stabilito nell’ordinanza di vendita;
- se l’offerente non presta una cauzione pari ad almeno 1/10 del prezzo offerto.
La vendita si svolge in modo diverso a seconda che via sia una sola offerta o più.
Se l’offerta è unica il giudice sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti.
Se questa è pari o superiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita viene accolta.
Se invece è inferiore al valore predetto ma in misura non superiore ad 1/4, il giudice può disporre la vendita:
- se ritiene che non vi sia una seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita;
- se non sono state presentate istanze di assegnazione.
Se vi sono più offerte il giudice invita in ogni caso gli offerenti ad una gara sull’offerta più alta.
Procede però all’assegnazione del bene:
- se sono state presentate istanze in tal senso e
- se il prezzo indicato nella miglior offerta o in quella presentata per prima, oppure il prezzo all’esito della gara è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita.
A conclusione della vendita vengono emanati due decreti:
- decreto di vendita, con cui il giudice dispone modo e termine per il versamento del prezzo;
- decreto di trasferimento (emanato dopo che è stato versato il prezzo), con cui il giudice trasferisce la proprietà del bene all’aggiudicatario (art. 586 c.p.c.).
Se invece il prezzo non è versato a norma del decreto di vendita, il giudice dichiara la decadenza e adotta i provvedimenti di cui all’art. 587 c.p.c. (nuovo incanto).
Quando ricorrono giustificati motivi il giudice dell’esecuzione può disporre, nell’ordinanza di vendita, il versamento rateale del prezzo entro un termine non superiore a 12 mesi (art. 569 c. 3 c.p.c.). L’aggiudicatario, ammesso al pagamento rateale, può chiedere ed ottenere l’immissione anticipata nel possesso dell’immobile prima di aver saldato integralmente il prezzo (art. 574 c.p.c.), è però necessario che l’aggiudicatario presti una fideiussione a garanzia del saldo finale:
- pari ad almeno il 30% del prezzo di vendita;
- autonoma;
- irrevocabile;
- “a prima richiesta”;
- rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono attività di rilascio di garanzie in via esclusiva o prevalente, sottoposte regolarmente a revisioni contabili da parte di abilitate società di revisione.
Se l’aggiudicatario adempie al pagamento entro il termine e secondo le modalità indicate diviene proprietario del bene di cui era già in possesso. In caso contrario il giudice, procede determinando la perdita della cauzione a titolo di multa, disponendo a un nuovo incanto, trattenendo le rate già versate e ordinando il rilascio dell’immobile.
La vendita con incanto consiste sostanzialmente in una gara pubblica di offerte al rialzo che si svolge nella sala delle pubbliche udienze davanti al giudice dell’esecuzione o a un suo delegato.
Il giudice dispone la vendita con incanto, con ordinanza, quando:
- ritiene probabile che tale modalità possa garantire un ricavato superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato ai sensi dell’art. 568 c.p.c.;
- non ci sono state offerte per la vendita senza incanto.
L’incanto è aperto a tutti (eccetto il debitore e i soggetti indicati all’art. 1471 c.c.), necessario aver prestato la cauzione.
Se l’offerente non diviene aggiudicatario l’importo gli viene restituito subito dopo la chiusura dell’incanto, salvo che non abbia omesso di parteciparvi, personalmente o a mezzo procuratore, senza documentato e giustificato motivo: in tal caso la cauzione è restituita solo per 9/10 dell’intero, mentre il residuo è trattenuto dalla procedura.
Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l’offerta precedente nella misura indicata nelle condizioni di vendita.
Trascorsi tre minuti dall’ultima offerta senza che ne segua una maggiore l’immobile è aggiudicato all’ultimo offerente. Ogni offerente cessa di essere tenuto per la sua offerta quando è superata da un’altra, anche se poi è dichiarata nulla.
L’aggiudicazione del bene all’ultimo offerente non è definitiva. Entro 10 giorni dall’aggiudicazione si possono infatti presentare nuove offerte mediante deposito in cancelleria, ma devono superare di 1/5 il prezzo raggiunto con l’incanto altrimenti sono inefficaci. Se ciò avviene, si dà luogo ad una nuova gara fra il primo aggiudicatario e i nuovi offerenti in aumento a cui possono partecipare anche agli offerenti del precedente incanto, a condizione che abbiano integrato la cauzione, di importo doppio rispetto a quello fissato per l’asta precedente. Se nessun offerente in aumento partecipa alla gara, l’aggiudicazione originaria diventa definitiva e gli offerenti in aumento perdono la cauzione per intero, salvo grave e giustificato motivo.
Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione (art. 586 c.p.c.) può:
- sospendere la vendita, se ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello “giusto”;
- pronunciare decreto di trasferimento in favore dell’aggiudicatario del bene, con cui ordina la cancellazione del pignoramento e le iscrizioni ipotecarie. Il decreto contiene anche l’ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l’immobile venduto.
10 giorni prima dell’udienza fissata per la vendita ogni creditore può chiedere l’assegnazione, per sé o per un terzo, nel caso in cui la vendita non abbia luogo., depositando un’istanza di assegnazione contenente l’offerta di pagamento di una somma non inferiore:
- alle spese di esecuzione e ai crediti con prelazione;
- al prezzo base stabilito per l’esperimento di vendita per cui è presentata.
Entro 5 giorni dalla pronuncia in udienza del provvedimento di assegnazione o dalla sua comunicazione, il creditore che è rimasto assegnatario a favore di un terzo deve dichiararne in cancelleria il nome, depositando la dichiarazione di quest’ultimo di volerne profittare. In mancanza, il trasferimento è fatto a favore del creditore.
Se l’incanto ha esito negativo e non sono state depositate istanze di assegnazione o il giudice ritiene di non accoglierle può:
- disporre l’amministrazione giudiziaria;
- pronunciare una nuova ordinanza di vendita con cui procedere direttamente ad un nuovo incanto, allo stesso prezzo;
- stabilire diverse condizioni di vendita e di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di ¼ e, dopo il IV tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà. In tal caso fissa un termine compreso tra i 60 e i 90 giorni per il deposito delle offerte di acquisto.
Se al secondo tentativo la vendita non ha luogo e ci sono istanze di assegnazione il giudice assegna il bene, fissando il termine entro il quale dev’essere versato l’eventuale conguaglio.
La procedura di espropriazione immobiliare ha costi notevoli che gravano sul creditore procedente (compensi di CTU, delegato e custode limitatamente all’acconto), che potrà veder liquidati in prededuzione sul ricavato della vendita qualora questa abbia luogo.
Costi principali:
- Notifica dell’atto di pignoramento e del precetto, varia a seconda della tipologia di notifiche (a mano, per posta) e del numero di destinatari (uno o più esecutati). Di regola compreso tra i 20,00 e i 50,00 euro.
- Rilascio copia uso trascrizione: una marca da bollo da 16,00 euro per ogni 4 pagine dell’atto di pignoramento; una marca da bollo di valore variabile a seconda del numero complessivo di pagine dell’atto (11,63 euro per gli atti fino a 4 pagine e di 13,58 euro se l’atto ha da 5 a 10 pagine);
- Trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari: una marca da bollo da 16,00 euro ogni 4 pagine dell’atto; pagamento di 299,00 euro mediante F23;
- Compensi del professionista eventualmente incaricato di eseguire queste operazioni.
- Iscrizione a ruolo del pignoramento: una marca da bollo da 27,00 euro; contributo unificato da 278,00 euro.
- Deposito documentazione ipocatastale (visure catastali ed ipotecarie del ventennale antecedente il pignoramento) o certificazione notarile sostitutiva: Il costo varia in base al numero degli immobili ma si aggira indicativamente sui 700,00 – 1.000,00 euro.
- Notifica avviso ai creditori iscritti ex art. 498 c.p.c. e ad eventuali comproprietari dell’immobile pignorato: il costo varia in base al numero e alla tipologia di notifiche.
- Compenso esperto: Fino all’entrata in vigore della L. n. 132/2015 il compenso dovuto all’esperto stimatore veniva versato con un’anticipazione a carico del creditore procedente entro il termine di 30/60 giorni dalla presentazione della richiesta. La norma ha profondamente modificato la situazione prevedendo che il diritto alla liquidazione maturi solo con la vendita dell’immobile e che il compenso sia calcolato sul valore effettivo di vendita o di assegnazione e non più sul valore del bene così come stimato dall’esperto.
Se la procedura si arresta prima della vendita, l’esperto ha diritto al saldo sul compenso calcolato in base al valore della perizia o all’ultimo prezzo d’asta. Il compenso liquidato non è in ogni caso inferiore a 145,12 euro.
I compensi spettanti al custode per l’attività espletata sono determinati in base ai parametri indicati al D.M. n. 80/2009 e variano in base al tipo di attività svolta.
Quanto all’attività di custodia ordinaria il compenso è calcolato in percentuale sul valore di aggiudicazione o di assegnazione di ciascun lotto immobiliare:
- fino a 000,00 euro: 3%;
- da 000,01 euro e fino a 100.000,00 euro: 1%;
- da 000,01 euro e fino a 200.000,00 euro: 0,8%;
- da 000,01 euro e fino a 300.000,00 euro: 0,7%;
- da 000,01 euro e fino a 500.000,00 euro: 0,5%;
- da 000,01 euro e oltre: 0,3%.
Le percentuali variano (in aumento) per le attività di custodia straordinaria e in relazione al compimento di specifici atti. Al custode è comunque dovuto un compenso non inferiore a 250,00 euro.
Anche il compenso del delegato è rapportato al prezzo di aggiudicazione o al valore di assegnazione del bene come di seguito riepilogato.
In base alla complessità delle attività svolte il giudice può aumentare o ridurre il compenso del fino al 60%.
Al professionista delegato spetta inoltre, un rimborso forfettario delle spese generali, in misura pari al 10% dell’importo del compenso; il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
In ogni caso l’ammontare complessivo del compenso e delle spese generali liquidato al professionista non può superare il 40% del prezzo di aggiudicazione o del valore di assegnazione.
I costi di pubblicazioni e pubblicità della vendita variano in base al numero di pubblicazioni e dei lotti da pubblicizzare, nonché del soggetto deputato ad eseguire gli adempimenti pubblicitari.
La pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche del Ministero della Giustizia ha un costo di 100,00 euro per ogni lotto, oltre oneri bancari connessi all’operazione.
Di regola è necessaria la costituzione di un fondo spese (a carico del creditore procedente) di importo approssimativamente compreso tra i 2.000,00 ed i 2.500,00 euro.
Le recenti riforme al codice di procedura civile hanno ridotto i tempi intercorrenti tra la notifica dell’atto di pignoramento alla vendita all’asta dell’immobile oggetto di esecuzione. Ciononostante la durata media di un’esecuzione immobiliare si aggira tutt’oggi attorno ai 4/5 anni.
Una volta che l’esecuzione immobiliare è iniziata il debitore può ancora evitare di veder venduto il proprio immobile mediante un accordo con i creditori, soluzione gradita anche a questi ultimi soprattutto in ragione dei già rammentati costi e tempi della procedura esecutiva. In pendenza di trattative e fintanto che l’accordo non è concluso l’esecuzione non è sospesa. Se vi sono più creditori è necessario che tutti sottoscrivano l’accordo, posto che l’adesione di alcuni non implica la rinuncia alla procedura anche da parte degli altri.
Il debitore che vede pignorato il proprio immobile può anche chiedere, prima che sia disposta la vendita, di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, c.d. “istanza di conversione”, che a fronte del versamento dell’intera somma consente la liberazione del bene dal pignoramento.
A pena di inammissibilità l’istanza può essere avanzata una sola volta, depositando in cancelleria una somma non inferiore ad 1/6 dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti di eventuali intervenuti, dedotti i versamenti effettuati. La somma complessiva da sostituire al bene pignorato è determinata dal giudice dell’esecuzione con ordinanza, sentite le parti in udienza, non oltre 30 giorni dal deposito dell’istanza di conversione.
Se ricorrono giustificati motivi il pagamento può avvenire in maniera rateale, entro il termine massimo di 48 mesi. Ogni 6 mesi il Giudice provvederà a pagare il creditore pignorante o a distribuire tra gli intervenuti le somme nel frattempo versate dal debitore.
In caso di omissione o ritardo nel pagamento superiore a 30 giorni, le somme già versate entrano a far parte dei beni pignorati e ne viene disposta la vendita a richiesta dei creditori.
Ad es. in una procedura di espropriazione promossa da un creditore per 10.000,00 euro, in cui hanno spiegato intervento altri due creditori, per 8.000,00 e 15.000,00 euro, il debitore potrebbe quindi “liberarsi” dal pignoramento presentando in cancelleria l’istanza di conversione e contestualmente depositando una somma non inferiore a 5.500,00 euro. Sarà poi il giudice a determinare l’importo complessivo da sostituire al bene pignorato, pronunciandosi anche in merito ad un’eventuale corresponsione rateale.
Il debitore può bloccare l’esecuzione opponendosi al pignoramento.
Si distingue l’opposizione all’esecuzione dall’opposizione agli atti esecutivi.
Con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta il diritto della parte istante ad intraprendere la procedura esecutiva, ritenendo che non ne sussistano le condizioni (difetto di titolo esecutivo, impignorabilità dei beni esecutati, difetto di legittimazione passiva dell’esecutato).
L’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita, salvo sia fondata su fatti sopravvenuti o l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile. Il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è quindi quello di pronuncia dell’ordinanza di vendita da parte del giudice dell’esecuzione.
Se l’esecuzione non è ancora iniziata l’opposizione si propone come opposizione a precetto, con citazione dinanzi al giudice competente che, su istanza di parte, può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo concorrendo gravi motivi; se l’esecuzione è iniziata l’opposizione si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.
Con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore non contesta il diritto dell’istante a procedere all’esecuzione bensì le modalità con cui è stata intrapresa, lamentando l’esistenza di vizi formali degli atti del processo esecutivo (vizi di notificazione del titolo o del precetto). Il termine perentorio per proporre opposizione è di 20 giorni dal compimento del singolo atto o dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza.
Anche in tal caso le modalità di proposizione differiscono a seconda che l’esecuzione sia già iniziata o meno: se l’opposizione precede la notifica del pignoramento si propone con atto di citazione dinanzi al giudice territorialmente competente indicato nell’atto di precetto; se l’opposizione avviene ad esecuzione iniziata si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.
Il giudice può sospendere l’esecuzione sia ante udienza (ricorrendo una situazione di urgenza) sia a seguito di quest’ultima.
Si è detto che tutti, tranne il debitore e i soggetti di cui all’art. 1471 c.c., possono partecipare all’incanto. E’ vero anche che, pur non potendo riacquistare il bene, neppure per interposta persona, il debitore potrebbe beneficiare dell’acquisto fatto da un soggetto (ad es. un suo prossimo congiunto) se questi poi gli consentisse di usufruire dell’immobile. Non è quindi da escludere una simile eventualità, che però sarà conveniente solo se l’esposizione debitoria complessiva è superiore al prezzo di vendita dell’immobile.
Supponiamo ad esempio che si proceda nei confronti di un soggetto per 250.000,00 euro di debiti e che un suo familiare riesca ad acquistarne l’immobile pignorato all’asta per 100.000,00 euro, consentendogli poi di abitarvi.
L’acquisto sarà vantaggioso, perché consentirà al debitore di ottenere la liberazione dell’immobile pignorato pagando solo parte del debito originario. Il vantaggio sarà ancora maggiore se il debitore non dispone di altri immobili, risultando vana l’azione esecutiva da parte di eventuali creditori rimasti insoddisfatti, interessati ad agire per il soddisfacimento del residuo.
Per varie ragioni può accadere che la procedura esecutiva volga al termine senza che il debitore perda la disponibilità del bene (mancata iscrizione a ruolo, difetto di offerte di acquisto del bene, accordo con i creditori).
In tal caso occorre però che il pignoramento venga cancellato in modo che il titolare possa riacquistarne la disponibilità libero da pesi.
Si è detto infatti che il pignoramento è trascritto presso la Conservatoria del Registri Immobiliari, così da renderlo opponibile a terzi ed il vincolo permane per 20 anni se la formalità non è rinnovata o cancellata anticipatamente.
La cancellazione del pignoramento spetta di regola al creditore. Ciò accade ad esempio quando il pignoramento si estingue a fronte dell’integrale pagamento del debito, anche alla luce di un accordo transattivo concluso tra le parti. In tal caso è il creditore che di regola, a seguito dell’integrale estinzione del debito, si fa carico di cancellare il pignoramento. Non è tuttavia infrequente che le parti concordino l’addebito al debitore dei costi di cancellazione. Se invece la cancellazione è disposta dal giudice (ad esempio per mancata iscrizione a ruolo o omesso deposito della documentazione ipocatastale nel termine previsto, ma anche in caso di accoglimento dell’opposizione, ritenuta fondata) l’adempimento della formalità spetta al conservatore dei Registri Immobiliari.
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