Termini dell’esecuzione immobiliare (Riforma Cartabia)

Termini dell’esecuzione immobiliare (Riforma Cartabia)

La riforma del processo civile  ha previsto rilevanti modifiche anche in tema di esecuzioni immobiliari:

15 giorni dal ritiro del pignoramento dall’Ufficiale Giudiziario → iscrizione a ruolo (art. 557 c.p.c.)

45 giorni dalla notifica del pignoramento  →  deposito istanza di vendita (art. 497c.p.c.)

45 giorni per depositare la documentazione, estratto catasto, certificati delle iscrizioni e trascrizioni dell’immobile pignorato (art. 567 c.p.c.)

Ulteriori 45 giorni prima della scadenza del termine precedente per giusti motivi per depositare la documentazione richiesta (art. 567 c.p.c.).

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Analisi dell’Opposizione a decreto ingiuntivo

Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo costituisce la seconda fase del procedimento d’ingiunzione, fase meramente eventuale, instaurata su iniziativa del c.d. “debitore ingiunto”, soggetto nei cui confronti è stato pronunciato il decreto ingiuntivo, caratterizzata da tutte le garanzie del contraddittorio.
Attraverso la proposizione dell’opposizione il c.d. debitore ingiunto instaura un giudizio a “contraddittorio differito”, che presenta presenta tutte le garanzie dell’ordinario giudizio di cognizione.
Dunque si ha l’inversione dell’onere dell’iniziativa dell’instaurazione del contraddittorio.
Dottrina e giurisprudenza prevalenti qualificano il giudizio di opposizione come un giudizio ordinario di primo grado, che si sostituisce interamente a quello svoltosi sommariamente nella prima fase (Tribunale Bologna sez. II, 07 dicembre 2017, n. 2709; Tribunale Genova, 23 gennaio 2009, n. 347).
Il meccanismo introduttivo della fase di opposizione è analogo a quello dell’impugnazione e, precisamente, del giudizio di appello, così come del resto, uguali le conseguenze dell’eventuale mancata osservanza del termine (anch’esso) perentorio previsto per la sua instaurazione e della mancata costituzione o della costituzione tardiva dell’opponente, derivandone anche qui il passaggio in giudicato del provvedimento (ossia del decreto ingiuntivo).
Senonché, una volta introdotto, il giudizio di opposizione costituisce un giudizio di primo grado che conduce ad una sentenza assoggettata alle comuni impugnazioni previste per le sentenze, a cominciare proprio dall’appello.
Quindi, come correttamente osservato in dottrina (MANDRIOLI), se ne deve desumere che il giudizio di opposizione (in questa sua prima fase, alla quale possono poi seguire le successive fasi di impugnazione) è una fase eventuale del giudizio di primo grado, la cui introduzione avviene con le forme e le modalità proprie dell’impugnazione e la cui mancata introduzione dà luogo all’immediata formazione del giudicato.
Si deve ulteriormente osservare che l’atto di opposizione non è stato configurato come l’atto introduttivo di un giudizio autonomo, bensì come una fase (eventuale) del giudizio già pendente: precisamente, il legislatore attribuisce all’eventuale introduzione della fase di opposizione la portata di una autentica riconduzione del procedimento (fino ad allora svoltosi con forme e caratteristiche “speciali”) entro i binari del processo ordinario di cognizione (MANDRIOLI).
Ciò è enunciato esplicitamente dall’art. 645, 2° comma, prima parte, c.p.c., ai sensi del quale: “In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”.
Anche la giurisprudenza suole ritenere che l’opposizione non introduce un giudizio autonomo e neppure un grado autonomo, ma costituisce solo una fase del giudizio già pendente a seguito del ricorso del creditore, che si svolge secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.) e ha ad oggetto la domanda proposta dal creditore con il ricorso per ingiunzione (cfr. in tal senso, tra le tante: Tribunale Roma, sez. III, 03 gennaio 2013, n. 13 in Redazione Giuffrè 2013; Cass. civile, sez. III, 17 luglio 2008, n. 19680; Cass. civile, sez. III, 25 marzo 2008, n. 7821; Cass. civile, Sezioni Unite, 7 luglio 1993, n. 7448).
Dunque, l’opposizione, da una parte, non toglie automaticamente di mezzo il decreto ingiuntivo e, dall’altra parte, gli sottrae ogni efficacia diretta (fatta salva la sua eventuale provvisoria esecutorietà), cosicché le parti si ritrovano davanti al giudice (dell’opposizione) di primo grado nella stessa posizione sostanziale che avrebbero avuto se il decreto ingiuntivo non fosse mai stato pronunciato: come si dirà meglio tra breve, la pronuncia del decreto ingiuntivo inverte solo l’onere dell’instaurazione dell’effettivo
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PIGNORAMENTO IMMOBILIARE

Libro III c.p.c. (artt. 555/598 cpc).

Attraverso il pignoramento immobiliare il creditore richiede la vendita dei beni immobili del debitore, allo scopo di recuperare la somma dovuta. 

Il titolo esecutivo (sent., decreto ingiunt., ecc.) deve essere notificato al debitore insieme all’atto di precetto, con cui si intima il pagamento entro 10 giorni (art. 480 cpc).

Novità con la Riforma Cartabia.

Nomina contestuale di perito e custode e deposito della relazione informativa diventano atti della procedura espropriativa (art. 559 cpc), è prevista la redazione della perizia di stima e degli avvisi di vendita secondo modelli standardizzati. Inoltre, custode giudiziario e delegati alle vendite diventano un’unica figura professionale. Pertanto, la funzione della custodia giudiziale non è più limitata alla conservazione immobiliare, ma orientata alla futura vendita.

Una delle principali novità è la vendita diretta del bene (art. 568 bis cpc), facoltà per il debitore di chiedere al Giudice dell’esecuzione di disporre la vendita diretta dell’immobile pignorato con istanza da depositare non oltre 10 giorni prima dell’udienza di vendita, insieme all’offerta di acquisto e alla cauzione. L”udienza di vendita si svolge comunque, in modo che il Giudice possa determinare il prezzo base.

Il custode giudiziario attua l’ordine di liberazione dell’immobile pignorato, seguendo le disposizioni del giudice dell’esecuzione senza le formalità previste dagli artt. 605 e ss, non dovrà notificare in via preventiva il precetto di rilascio e il successivo preavviso di sloggio, ma può procedere allo sgombero dei beni mobili, limitandosi a rispettare le direttive impartite dal giudice nell’ordine di liberazione.

L’immobile è posto sotto l’amministrazione di un custode giudiziario nominato dal Tribunale ed il debitore non può più disporre liberamente dell’immobile, anche se continua ad abitarci fino all’avvenuto passaggio di proprietà.

Pignorato l’immobile, si pubblica il bando di vendita, con lo scopo di informare i potenziali acquirenti della vendita dell’immobile, tramite asta giudiziaria.

Il debitore, come detto, può anche presentare un’istanza per la vendita diretta dell’immobile pignorato, senza dover passare per l’asta giudiziaria e, quindi, di ricavarne una cifra maggiore.

Per ogni asta di vendita che va deserta, il Giudice dell’Esecuzione può abbattere il prezzo base d’asta fino ad un quarto (cioè del 25%).

Spesso la casa rimane invenduta. In questo caso ritorna al proprietario-debitore, che quindi non riesce a estinguere i propri debiti grazie alla somma ricavata dalla vendita della casa.

Il giudice decide solo sul pignoramento, non si occupa di reperire o individuare i beni del debitore. È il creditore che deve effettuare tutte le indagini possibili al fine di individuare con esattezza se la controparte ha case, terreni agricoli, terreni edificabili, ecc.

I creditori possono comunque decidere di avviare un nuovo pignoramento immobiliare o procedere con altre forme di pignoramento.

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